Non sono stati firmati i decreti
che definiscono gli uffici di diretta collaborazione della presidenza del
Consiglio: "Noi confermai solo a voce". La replica: "In corso verifiche
per la spending review, chiudiamo tra poco"
Alcuni sborsano con estrema
difficoltà la rata del mutuo. Altri, invece, avrebbero chiesto una mano ai
genitori per riuscire “a campare”. Non ci riferiamo a una delle tante aziende
del nord-est in via di estinzione che lascia a piedi centinaia di lavoratori
per via della crisi. Questa volta la voce arriva dritta dritta da Palazzo
Chigi, sede della presidenza del Consiglio, dove ora governa il premier
“turbo-compressore” Matteo Renzi, dove centinaia di dipendenti esterni e
interni non hanno alcun contratto e non prendono lo stipendio da
mesi. Una voce “notoria in presidenza”, rivela ailfattoquotidiano.it un
alto dirigente di Palazzo Chigi. Del resto, dall’inizio del mandato dell’ex
sindaco di Firenze non sono stati firmati i decreti che definiscono gli uffici
di diretta della collaborazione della galassia della presidenza del Consiglio.
Infatti basta dare un’occhiata al sito del governo per accorgersi che alla voce
“uffici di diretta collaborazione del Presidente e dei ministeri senza
portafoglio” non corrisponde alcun nome ma la pagina è ferma alla stessa
immagine da settimane. Non c’è traccia, insomma, né del personale interno –
rintracciato fra i dipendenti della pubblica amministrazione – né di quello che
può essere chiamato dall’esterno. Personale che di fatto esiste e che risiede
lì da più di quattro mesi. Un personale, però, “fantasma” perché lavora senza
alcun contratto e senza stipendio, e per di più, aggiunge sempre l’alto
dirigente, “non ha quindi alcuna assicurazione sul lavoro”. Un particolare da non
sottovalutare. Dal governo risponde la portavoce di Delrio, Luisa
Gabbi la quale rilancia: “Stanno andando avanti le verifiche della diretta
collaborazione. È stato rivisto tutto per ottenere un forte risparmio sui
compensi piu alti per la spending. È una cosa che si chiuderà nel più breve
tempo possibile”. Ma come mai questo ritardo? “Senta, io l’anno scorso ho
avuto lo stipendio dopo 4 mesi”. Al fattoquotidiano.it tuttavia
risulta che il governo Letta chiuse i contratti di diretta collaborazione entro
90 giorni.
Normalmente all’insediarsi di un
governo viene emanato un “Dpcm”, ovvero un decreto della presidenza del
Consiglio (previsto dal decreto legislativo 303 del 1999), con il quale si
stabiliscono i criteri degli uffici di diretta collaborazione. Uffici di diretta
collaborazione che sono costituiti da “un ufficio di gabinetto”, “un settore
legislativo”, “una segreteria particolare” e “un ufficio stampa”. Cui si
aggiunge “un contingente complessivo composto da non più di una unità di
personale dirigenziale, scelto preferibilmente tra dirigenti dei ruoli della
Presidenza, e di 15 unità di personale non dirigenziale, composto per
circa un terzo tra estranei alle amministrazioni del comparto dei ministeri o
estranei alla pubblica amministrazione”, si legge all’articolo 6 del decreto
legislativo. In sostanza, essendo 12 i dicasteri senza portafoglio, gli uffici
di diretta collaborazione coinvolgono un numero di personale che supera quota
200. “Dall’inizio di questo nuovo governo sono senza contratto – conferma al fattoquotidiano.it uno
di loro chiedendo la garanzia dell’anonimato – In più di 200 siamo stati
confermati a ‘voce’, sicuri nel giro di poche settimane che avremmo avuto un
contratto. In passato una cosa del genere non si è mai verificata. Oggi,
infatti, abbiamo superato abbondantemente i quattro mesi”.
Quattro mesi in cui il
premier-segretario ha sbandierato riforme su riforme, ottenendo un risultato
storico, il 40.8% alle europee dello scorso 25 maggio. Quattro mesi di successi
in cui, però, non c’è stato il tempo di definire e regolarizzare lo staff di
diretta collaborazione. C’è chi sostiene che la ragione principale sia legata a
“un grosso attrito” fra il capo del governo e l’attuale segretario generale Mauro
Bonaretti (ex direttore generale del Comune di Reggio Emilia,
sponsorizzato daGraziano Delrio). Un attrito che avrebbe rallentato la
procedura. Al punto che taluni sussurrano che il premier voglia spostare il
faldone dei decreti di nomina degli uffici di diretta collaborazioni dal
segretario generale alla fedelissima Antonella
Manzione, oggi a capo del Dipartimento affari giuridici e legislativi ed ex
capo dei vigili di Firenze. Un segnale chiaro che confermerebbe
l’attuale distanza fra Renzi e il sottosegretario Delrio, spifferata a destra e
a manca nel Palazzo. Altri, invece, ritengono che il problema sia legato “a un
deficit” dei vertici amministrativi di Palazzo Chigi. Tuttavia, i giorni
passano, e «noi siamo abbastanza stanchi di questa situazione – continua con ilfattoquotidiano.it uno
degli interessati – anche perché dieci giorni fa ci dissero che si sarebbe
risolto tutto quanto in una settimana”. Insomma, che fine ha fatto il
“turbocompressore” Matteo Renzi?
di Giuseppe Alberto Falci
Nessun commento:
Posta un commento