Il contratto a tempo indeterminato è
la forma comune di rapporto di lavoro.
Gli incentivi previsti dalla Legge di
stabilità 2015 e le novità introdotte dal Decreto
Legislativo 4 marzo 2015 n.23 si muovono in questa direzione,
favorendo l’utilizzo di tale tipologia contrattuale tramite i seguenti benefici
rivolti ai datori di lavoro:
- l’agevolazione fiscale durante i primi
tre anni del rapporto di lavoro, per le assunzioni effettuate tra
il primo gennaio ed il 31 dicembre 2015;
- la semplificazione nei casi di recesso.
La nuova disciplina sulle tutele legate ai
licenziamenti illegittimi, introdotta dal D.lgs. n. 23/2015, riguarda i neoassunti
a tempo indeterminato - ad esclusione dei dirigenti - a partire dal
giorno 7 marzo 2015 e si applica anche ai lavoratori assunti nelle imprese
in cui, in conseguenza delle nuove assunzioni, venga superato il limite dei 15
dipendenti, dove in questo caso si applica anche ai rapporti già in essere.
Essa riguarda anche eventuali trasformazioni di rapporti a tempo determinato o
di apprendistato in contratti a tempo indeterminato.
La riforma delle tutele in caso di
licenziamento illegittimo introdotta dalla Legge n.92/2012 permane come binario
parallelo rispetto al nuovo quadro normativo delineato dal D.lgs. 23/2015:
infatti per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 restano efficaci ed
operative le disposizioni dell’art. 18 della Legge 300/1970 (cosiddetto
“Statuto Lavoratori”) e della Legge n.604/1966, ossia le tutele di tipo reale
od obbligatorio così come riformate dalla legge 92/2012.
Il D.lgs. 23/2015
riprende, per alcuni aspetti, le novità introdotte dalla Legge n.92/2012
proponendo un regime di tutele crescenti rispetto all’anzianità di servizio del
lavoratore.
Dal 7 marzo 2015:
Licenziamento
discriminatorio, nullo o orale (art. 2 del D.lgs. 23/2015). Il regime della
reintegrazione nel posto di lavoro e del risarcimento del danno è riservato ai
casi di illegittimità particolarmente gravi legati alle ragioni discriminatorie
o illecite individuate dalla legge (ad es. licenziamento della lavoratrice
madre o a causa di matrimonio) che rendono il licenziamento nullo, ai
licenziamenti intimati oralmente e ai casi in cui il giudice accerta una
carenza nella giustificazione di licenziamento legato alla disabilità fisica o
psichica del lavoratore.
Licenziamento per
giustificato motivo oggettivo/soggettivo e giusta causa (art. 3 comma 1 del
D.lgs. 23/2015). Sia in relazione ai licenziamenti per giustificato motivo che a quelli
per giusta causa, si prevede, nei casi di accertata illegittimità, un
indennizzo economico onnicomprensivo legato all’anzianità di servizio e non
soggetto a contribuzione previdenziale.
In tali ipotesi, il
giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e
condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità, non soggetta a
contribuzione previdenziale, di importo pari a due mensilità dell'ultima
retribuzione utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni
anno di servizio, in misura comunque non inferiore a 4 e non superiore
a 24 mensilità.
Rispetto a tale tipo di
tutela sussistono le seguenti eccezioni (art. 3, comma 2 e art. 4):
- se il fatto materiale alla
base del licenziamento per giustificato motivo soggettivo e per giusta
causa risulta insussistente, si applica il regime delle
reintegrazione sul posto di lavoro e il pagamento di un’indennità
risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il
calcolo del TFR dal giorno del licenziamento fino a quello della
reintegrazione. La misura dell’indennità non può essere in ogni caso
superiore a dodici mensilità;
- qualora l’illegittimità sia determinata da difetto
di motivazione o da vizi procedurali, il giudice dichiara comunque
estinto il rapporto alla data del licenziamento e l’indennità erogata non
può essere inferiore a un minimo di due e superiore a un massimo
di dodici mensilità, variabili in base all’anzianità aziendale.
In caso di impugnativa del lavoratore, il
datore di lavoro potrà revocare il licenziamento entro
15 giorni dalla relativa comunicazione, analogamente a quanto già previsto
dalla Legge n.92/2012.
Data la correlazione tra l’elemento della
permanenza in azienda e la misura dell’indennità, il contratto a tempo
indeterminato per i nuovi assunti, con l’entrata in vigore del Decreto, assume
la denominazione di contratto “a tutele crescenti”.
In caso di appalto, il Legislatore
salvaguarda l’anzianità maturata dai lavoratori che passano alle dipendenze
dell’impresa subentrante computando il periodo complessivo in cui il lavoratore
è impiegato nell’appalto medesimo e chiarisce, inoltre, come devono essere
calcolati i periodi di prestazione di durata inferiore all’anno.
Il Decreto comprende nel
suo campo di applicazione sia le piccole imprese con meno di 15
dipendenti, sia le organizzazioni di tendenza.
Nel caso delle piccole
imprese gli importi indennitari sono dimezzati e possono arrivare ad un massimo di
6 mensilità.
Il Decreto include
infine anche i licenziamenti collettivi - legati quindi a
ragioni economiche - per cui non siano state correttamente seguite le procedure
o i criteri di scelta previsti dalla Legge 223/1991, prevedendo l’applicazione
del medesimo criterio dei licenziamenti illegittimi per giustificato motivo
oggettivo, ossia la corresponsione di un'indennità compresa tra le 4 e le 24
mensilità. Rimane salva l’ipotesi della reintegrazione nel posto di lavoro per
i casi di licenziamento comunicato senza la forma scritta.
In questa nuova cornice normativa è
prevista una ulteriore ipotesi di conciliazione per la risoluzione delle
controversie al di fuori delle sedi giudiziarie, da svolgersi in una delle sedi
previste dall’art. 6 del decreto.
Il D.lgs. 23/2015 prevede infatti la
possibilità per il datore di lavoro di offrire al lavoratore una somma,
non assoggettata a tassazione IRPEF e a contribuzione previdenziale,
commisurata all’anzianità di servizio (una mensilità per ogni anno) e compresa
tra un minimo di 2 ed un massimo di 18 mensilità. La somma deve essere erogata
tramite assegno circolare. Ciò non esclude che le parti pattuiscano ulteriori
importi a chiusura di ogni altra pendenza derivante dal rapporto di lavoro;
queste ultime somme sono soggette al regime fiscale ordinario.
Per verificare l’efficacia di tale nuova
procedura è stata introdotta una nuova comunicazione, integrativa di
quella di cessazione, da effettuarsi da parte del datore di
lavoro entro 65 giorni dalla fine del rapporto e nella quale
deve essere indicato l’esito positivo o negativo del tentativo di
conciliazione.
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