Il direttore del
supermercato Spagnolo, dopo avere rilevato grandi incongruenze fra stock di
magazzino e vendite, oltre che una perdita di
incassi, in cinque mesi, di circa 82 mila euro, aveva deciso
di fare installare alcune telecamere a circuito chiuso, visibili (alle uscite)
e nascoste (sulle casse). I video mostrarono chiaramente i furti delle merci da
parte dei dipendenti: 14 lavoratori, tra cassieri e addetti alle vendite,
furono licenziati. Ma cinque di loro deciso di ricorrere alla Corte di
Strasburgo. Secondo il diritto spagnolo, avrebbero dovuto essere informati
preventivamente dell’installazione delle telecamere. Il ricorso puntava sulla
violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo sul
diritto al rispetto della vita privata e familiare.
Secondo i giudici della Corte europea, però, il tribunale
spagnolo ha «attentamente bilanciato»
i diritti dei dipendenti sospettati di furto e quelli del
datore di lavoro: il mancato avvertimento sulla sorveglianza è stato ritenuto
giustificato dal «ragionevole sospetto» di una grave colpa dei
cassieri e dalla grande perdita economica subita dal titolare del supermercato.
Il controllo con le telecamere è stato ritenuto «proporzionato
e legittimo».
Le motivazioni della Grand Chambre della Corte europea dei
diritti dell’uomo sono condivise dal Garante italiano della Privacy che,
con una nota, ha spiegato come la sentenza «da una parte giustifica, nel caso
di specie, le telecamere nascoste, dall’altra conferma però il principio di
proporzionalità come requisito essenziale di legittimazione dei controlli in
ambito lavorativo».
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