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martedì 30 ottobre 2012

FORMAZIONE PROGRESSIVA DEL CONSENSO: “MINUTA” E “PRELIMINARE APERTO”.

A cura di Dr. Brunazzi Alberto

Con il presente lavoro si intende offrire una sintetica ricognizione sulla problematica relativa alla formazione progressiva del consenso in sede contrattuale.
Tale fattispecie ricorre tutte le volte in cui lo scambio del consenso non è istantaneo, ma bensì presuppone un dialogo, una trattativa.
Segnatamente, si vuole far chiarezza riguardo alla possibilità di ricondurre accordi ancora incompleti, alla disciplina del contratto preliminare.
La questione, molto attuale nella dottrina e giurisprudenza, è di grande importanza, ed assume notevole rilievo, soprattutto per tutti gli accordi preparatori che, confinati all’interno della responsabilità c.d. precontrattuale (minore tutela rispetto a quella contrattuale), ambiscono in realtà a rappresentare un vero e proprio impegno giuridico vincolante, sebbene caratterizzati dalla incompletezza degli accordi. La regola invalsa nell’attuale contesto dottrinale e giurisprudenziale è la seguente: non può esservi un vincolo contrattuale, laddove l’accordo delle parti non interviene sul contenuto essenziale del contratto. E’ possibile, successivamente, distinguere tra completezza del contratto e perfezionamento del contratto: è ben possibile che una negoziazione sia completa degli elementi essenziali, senza però che sia ancora intervenuto il consenso definitivo.
La prassi conosce diverse figure tipiche, tutte volte a certificare tra le parti il fatto che è in corso una trattativa: lettera di intenti, minuta, puntazione, puntazione completa di clausole, contratto preliminare.
Sempre in via di sintesi, è possibile orientare il lettore con un semplice schema.
La lettera di intenti sembra rappresentare la mera prova che le parti hanno preso contatto e sono vicendevolmente interessate ad intavolare una trattativa, senza che il contenuto del futuro contratto sia definito nemmeno nella forma minima ed essenziale.
La minuta, rappresenta una prima definizione della volontà delle parti, destinata ad assumere un valore storico e probatorio circa il corso delle trattative.
Dalla minuta in poi, rileva la necessità di qualificare, ai fini della responsabilità tra le parti, le intese intermedie che si frappongono fino alla conclusione di un contratto definitivo o di un preliminare, che, come noto, presenta le caratteristiche essenziali del contratto definitivo e gode di una tutela rafforzata (l’art. 2932 cc., dove possibile, concede al giudice il potere di dichiarare concluso il contratto definitivo: esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto).
La minuta, o puntazione di clausole, è volta a ravvisare l’impegno negoziale delle parti a fronte della oggettiva ed evidente non completezza dell’accordo, rimesso alla trattativa delle parti. Tale documento è privo di efficacia vincolante, e predispone alcuni punti di convergenza ai fini probatori dello svolgimento delle trattative; all’interno possono essere pattuiti obblighi di riservatezza ed esclusiva nelle trattative.
La puntazione completa di clausole, è costituita da una documentazione contrattuale preparatoria, e, solitamente, rappresenta una esauriente predisposizione di un accordo contrattuale. Tale documento rileverebbe sul piano esclusivamente probatorio, imponendo un inversione dell’onere probatorio: sarebbe colui che invoca la mancanza di accordo definitivo, a doverne provare l’assenza e la reale destinazione dell’atto.
A questo punto è agevole comprendere il problema sotteso all’approfondimento proposto. Come contemperare l’esigenza di non vincolarsi definitivamente circa gli elementi essenziali del contratto, con l’esigenza opposta di rendere vincolanti le intese, seppur incomplete, ottenute a seguito di trattative spesso estenuanti?
A tal fine, è stata ritenuta configurabile una contratto preliminare “aperto”, destinato a lasciare aperte, per l’appunto, una serie di questioni sull’assetto di interesse delle parti, e rimesse alla successiva determinazione da parte dei contraenti. Idealmente, tale figura di distingue dal preliminare “chiuso”, circa il quale non rimarrebbe margine di manovra sugli elementi essenziali del contratto, che sarebbero da ritenersi completi. Rientrerebbe nella seconda figura di preliminare anche il contratto concluso sui contenuti minimi, e rimesso quando alla definizione di elementi secondari, alla verificazione di una condizione successiva.
Il preliminare aperto, pur concedendo la tutela rafforzata rispondente alla responsabilità contrattuale, non sarebbe suscettivo di beneficiare della esecuzione in forma specifica di cui all’art. 2932 cc., in quanto strutturalmente incompleto. In parole povere, se manca un prezzo definitivo, se mancano le condizioni utili ad indicare i termini del contratto finale, non può stabilirli il giudice.
In conclusione, secondo lo schema proprio del contratto preliminare “aperto”, la compiutezza o meno dell’accordo rileverebbe esclusivamente rispetto al rimedio esperibile in caso di inadempimento contrattuale (risoluzione e risarcimento danni il preliminare aperto, risoluzione e risarcimento danni, od esecuzione in forma specifica ex art. 2932 cc., il preliminare chiuso).

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