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lunedì 27 aprile 2020

Coronavirus: Gestione del rapporto di lavoro durante la cassa integrazione


Il periodo di Cassa integrazione guadagni come influenza il rapporto di lavoro? Quale istituto
giuridico prevale? Cosa succede agli istituti contrattuali differiti?


Mentre si è in attesa della conversione in Legge del Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e sono già in atto le varie forme di ammortizzatori sociali, non rare sono le domande inerenti alla gestione delle conseguenze dello stesso ammortizzatore e/o all’accadimento di eventuali fattori concomitanti (1).
Con la presente Circolare, senza avere la pretesa di esaustività e parlando di Cassa integrazione guadagni ordinaria (C.i.g.o. – Assegno Ordinario/C.i.g.o. – C.i.g.o. Deroga), si specifica quanto segue in linea generale ed interpretativa, consigliando, altresì, di verificare anche quanto, eventualmente, previsto dal C.c.n.l. applicato.


C.i.g. e Periodo di prova
 Il periodo di sospensione non può essere computato ai fini dello svolgimento del patto di prova (Cassazione 20/11/1996, n. 10183: Il collocamento in cassa integrazione è configurabile come una causa di sospensione del rapporto e le erogazioni del datore di lavoro nel periodo di sospensione non costituiscono adempimento dell'obbligazione retributiva, onde detto periodo non può essere computato ai fini della durata della prova e non può ritenersi influente sul limite semestrale di cui all'art. 10 legge n. 604 del 1966).
In caso di riduzione di attività, occorre verificare, caso per caso, se la contrazione dell'orario pregiudica la validità della prova.

C.i.g. ed Anzianità di servizio
 L'anzianità di servizio decorre regolarmente durante il periodo di C.i.g., esplicando i suoi effetti sugli istituti collegati ad essa, come ad esempio gli scatti di anzianità.
I periodi di C.i.g. non sono invece utili nei casi in cui specifiche norme di legge richiedano lo svolgimento di lavoro effettivo.


C.i.g. ed Assegno per il nucleo familiare
 Ai lavoratori beneficiari della C.i.g. spetta, in rapporto al periodo di paga adottato e alle medesime condizioni dei lavoratori a orario normale, l'assegno per il nucleo familiare (art. 3, co. 9, D. l.vo n. 148/2015:
Ai lavoratori beneficiari dei trattamenti di integrazione salariale spetta, in rapporto al periodo di paga adottato e alle medesime condizioni dei lavoratori a orario normale, l'assegno per il nucleo familiare di cui all'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e successive modificazioni).
Per quanto attiene l’Assegno ordinario (F.i.s.), l’Istituto non riconosce tale possibilità (Circolare 15settembre 2017; Circolare 28 marzo 2020, n. 47: “Durante il periodo di percezione dell’assegno ordinario non è erogata la prestazione accessoria degli assegni al nucleo familiare”.)

C.i.g. ed Assenze non retribuite e retribuite
 In via generale, l'integrazione salariale non è dovuta per le festività non retribuite e per le assenze che non comportino retribuzione (art. 3, co. 8, Decreto legislativo n. 148/2015: L'integrazione non è dovuta per le festività non retribuite e per le assenze che non comportino retribuzione.)
Le festività cadenti in settimane nelle quali vi sia una sospensione parziale dell'attività lavorativa restano a carico del datore di lavoro.
Sono a carico del datore di lavoro le festività cadenti nelle prime 2 settimane di sospensione, anche se totale, relativamente al personale con paga oraria e non mensilizzata mentre, nei rimanenti casi, la festività dà luogo al normale trattamento di C.i.g. anche in caso di coincidenza con il sabato o la domenica (fanno eccezione le giornate del 25 aprile, 1 maggio e 2 giugno, per le quali rimane in ogni caso l’obbligo di retribuzione nella misura di 1/26, o nella diversa misura stabilita dal C.c.n.l. applicato, della retribuzione mensile in capo al datore di lavoro).

In particolare, l’Istituto, con il Messaggio n. 13552 del 12 giugno 2009, ha specificato che:
relativamente ai lavoratori retribuiti in misura fissa mensile o mensilizzati, le festività civili, nazionali e religiose, non comportano in ogni caso riduzione della misura settimanale delle integrazioni salariali, atteso che la retribuzione predeterminata si riferisce a tutte le giornate lavorative del mese e non subisce alcuna variazione per la circostanza che alcune di queste giornate coincidano con le festività (v. Circolare 8 febbraio 1973, n. 50943 lett. B). In tale ipotesi le ore attinenti alle festività sono da comprendere, da un lato, nel numero delle ore lavorative ricadenti in ogni singolo mese per il quale deve essere diviso l'importo massimo mensile del trattamento di integrazione salariale e, dall'altro, devono essere incluse nel numero delle ore integrabili. Il suddetto trattamento è confermato anche per quei lavoratori, con qualifica operaia, che in base al C.c.n.l. di settore applicato sono retribuiti con paga mensilizzata.
per i lavoratori retribuiti non in misura fissa ma in rapporto alle ore, le festività del 25 aprile, del 1° maggio e del 2 giugno devono essere sempre retribuite dal datore di lavoro. Pertanto, nella determinazione delle ore integrabili non vanno comunque considerate a carico della Cassa le ore inerenti a tali festività che cadono nel corso della settimana. L’I.n.p.s. ha precisato, inoltre, che sono del pari da considerare non integrabili le ore relative alle festività (1° giorno dell'anno, lunedì dopo Pasqua, Assunzione, Ognissanti, Immacolata Concezione, Natale, Santo Stefano e Santo Patrono) infrasettimanali quando queste si collocano nell'ambito delle prime due settimane di sospensione, essendo per legge (art. 3 della Legge 31 marzo 1954, n. 90) assicurata la retribuzione a carico del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori suddetti. Sono invece da calcolare come ore integrabili quelle relative alle citate rimanenti festività, quando queste non siano pagate (sempre in virtù dell'art. 3 della Legge 31 marzo 1954, n. 90) dal datore di lavoro a causa del prolungarsi della sospensione oltre le prime due settimane. Peraltro, le ore relative alla festività infrasettimanale che ricorre nell'ambito di una settimana già lavorata ad orario ridotto devono considerarsi sempre non integrabili in quanto a carico del datore di lavoro e quindi computate, secondo i criteri seguiti dall'Istituto ed illustrati nella Circolare n. 64183 G.S./207 del 19 ottobre 1972, fra le ore lavorate nella settimana medesima.

C.i.g. e Diritti sindacali
 Durante la C.i.g. il lavoratore non perde il diritto ad esercitare i diritti sindacali e può anche partecipare alle relative assemblee (Cassazione civile, sez. lav., 22/12/1986, n. 7859 - La collocazione in cassa integrazione guadagni a zero ore dei lavoratori di un'impresa sospende soltanto le obbligazioni corrispettive della prestazione dell'attività da parte dei lavoratori stessi e della corresponsione della retribuzione da parte del datore di lavoro, lasciando inalterata la posizione dei lavoratori nell'impresa, fonte di ulteriori diritti e doveri nei confronti dell'imprenditore.
Pertanto i lavoratori sospesi non perdono i loro diritti sindacali ed in particolare quello previsto dall'art. 20 dello statuto dei lavoratori, ossia il diritto di riunirsi nell'unità produttiva in cui prestavano la loro opera (salva la facoltà del datore di lavoro di porre a disposizione altro locale idoneo).
Qualora l’assemblea si tenga durante l’orario di lavoro, il lavoratore ha diritto alla retribuzione se, invece, l’orario di assemblea coincide con la sospensione dell’attività lavorativa, lo stesso avrà diritto alla C.i.g.
Il diritto alle integrazioni salariali va riconosciuto per le giornate o le ore di sciopero effettuate nel corso di un periodo di sospensione o di riduzione d’orario già autorizzato o che comunque sia determinato da causale per la quale è ammesso l'intervento ordinario della cassa integrazione.
Ai lavoratori già sospesi o ad orario ridotto, ai quali sia riconosciuto il diritto alle integrazioni salariali, per le giornate o le ore di sciopero non vanno corrisposte le integrazioni stesse in caso di rinuncia per adesione espressa allo sciopero; la rinuncia deve essere manifestata mediante apposita dichiarazione da presentare al datore di lavoro (I.n.p.s. - Circolare 20 aprile 1984, n. 93).

C.i.g. e Ferie – Permessi
 In riferimento al godimento delle ferie in caso di ricorso alla C.i.g., in tempi precedenti l’Istituto aveva chiarito, con la Circolare 1° agosto 2016, n. 139 (Parte II punto 6), con cui richiamava integralmente il parere espresso dal Ministero del Lavoro con Interpello n. 19/2011 (cfr. I.n.p.s. – Messaggio 30 maggio 2011, n. 9268) quanto segue.
“In particolare, nelle ipotesi di sospensione totale dell’attività lavorativa, ovvero nell’ipotesi di zero ore, sono state date indicazioni interpretative in merito alla possibilità per il datore di lavoro di fruire immediatamente di C.i.g., posticipando per ciascun lavoratore coinvolto il godimento delle ferie annuali residue, già maturate alla data di richiesta della C.i.g. stessa, ed inoltre in merito alla possibilità per il datore di lavoro, autorizzato ad un periodo di C.i.g., di dover comunque concedere ai lavoratori le due settimane di ferie contemplate dall’art. 10, Decreto legislativo n. 66/2003, nel corso dell’anno di maturazione.
Riguardo queste due ipotesi, si precisa che l’esercizio del diritto di godimento delle ferie, sia con riferimento alle ferie già maturate sia riguardo a quelle infra annuali in corso di maturazione, può essere posticipato al momento della cessazione dell’evento sospensivo coincidente con la ripresa dell’attività produttiva.
Invece, nelle ipotesi di C.i.g.o. parziale, il datore di lavoro non può differire la concessione delle ferie, residue ed infra-annuali, in quanto, in tali circostanze, deve comunque essere garantito al lavoratore il ristoro psico-fisico correlato all’attività svolta, anche in misura ridotta.”
Nel recente Messaggio 18 ottobre 2019, n. 3777 (punto 2), l’Istituto ha specificato quanto segue. “A completamento di quanto già evidenziato con Circ. n. 139/16 (parte seconda, punto 6), si chiarisce che in caso di lavoratori in CIGO, sia ad orario ridotto che a zero ore, l’eventuale presenza di ferie pregresse non è ostativa all’eventuale accoglimento dell’istanza.
Infatti, la disciplina contrattuale delle ferie è regolata da norme privatistiche attinenti i rapporti tra datore di lavoro e lavoratori, che esulano dalle valutazioni di competenza dell’Istituto volte alla verifica dell’effettiva sussistenza della causale per la quale è stato chiesto l’intervento della CIGO.
Si evidenzia, pertanto, che in linea con i predetti criteri definiti originariamente dal Ministero del Lavoro con interpello n. 19/2011, non occorre chiedere all’azienda i dati sulle ferie ancora da fruire dai lavoratori interessati dalla richiesta di integrazione salariale e che, per tale ragione, nella domanda di CIGO non è più presente il campo nel quale veniva fornito tale elemento informativo.”
In riferimento alla maturazione delle ferie in caso di intervento della C.i.g.:
a zero ore per l’intero mese: non maturano (Cassazione 17/01/1991, n. 408: I lavoratori collocati in cassa integrazione straordinaria a zero ore non maturano, in relazione al periodo di integrale sospensione dell'attività lavorativa, alcun diritto alle ferie, alle quali gli artt. 36 Cost. e 2109 c.c. annettono una funzione di riposo presupponente un’attività di servizio.);
sospensione della prestazione a settimane: non maturano se non in misura proporzionale alla prestazione resa tra un periodo di sospensione e l'altro, salvo che il Contratto collettivo nazionale applicato non stabilisca la maturazione di 1/12 di ferie in presenza, nel mese, di una prestazione lavorativa pari o superiore a 15 giorni riferita all’evento della C.i.g.;
a orario ridotto con prestazione lavorativa per una sola parte della settimana: matura proporzionalmente a carico del datore di lavoro per le ore di attività effettivamente prestata (Cassazione civile, sez. lav., 01/10/1991, n. 10205 - Il diritto al godimento delle ferie presuppone  la oggettiva esigenza del recupero delle energie psicofisiche spese nell'effettiva prestazione lavorativa, ma non è suscettibile di riduzione proporzionale alle ore non lavorate in relazione alla situazione di lavoratori in cassa integrazione ad orario ridotto; pertanto, per l'attività lavorativa,
ancorché in tutto o in parte ad orario ridotto, spetta ai lavoratori il diritto al periodo di ferie retribuite, quale contrattualmente previsto, ed il relativo importo è proporzionalmente a carico del datore di lavoro per le ore di attività effettivamente prestata.)
Gli eventuali Esami congiunti possono stabilire differenti criteri (Cassazione 16/12/1988, n. 6872: Il collegamento delle ferie all'effettiva prestazione dell'attività lavorativa non esclude che la disciplina collettiva (l'interpretazione della quale, se di diritto comune, è riservata al giudice del merito, è censurabile in sede di legittimità per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale e per vizi di motivazione), possa stabilire, con esplicita disposizione, che il diritto alle ferie maturi anche con riguardo a periodi del rapporto di lavoro durante i quali non vi sia stata effettiva prestazione di attività lavorativa.).
I permessi derivano delle vecchie ex festività di San Giuseppe, Ascensione, Corpus domini e dei Santi patroni, che sono state convertite in riduzione di orario di lavoro (R.o.l.) e quindi come corrispondenti giorni/ore di riposo. La loro maturazione, affidata ai Contratti collettivi, avviene normalmente con gli stessi criteri delle ferie.
Ai fini della ripercussione della C.i.g. si avrà la stessa situazione riferita alle ferie.

C.i.g. e Mensilità supplementari
 (Art. 3, co. 5, del Decreto legislativo n. 148/2015,” l'importo del trattamento…. non può superare… gli importi massimi mensili… rapportati alle ore di integrazione salariale autorizzate e per un massimo di dodici mensilità, comprensive dei ratei di mensilità aggiuntive”.)
I ratei possono essere integrati solo se risulta non superato il massimale del mese nel quale sono state corrisposte le integrazioni salariali ordinarie (I.n.p.s. - Circolare n. 50 del 21 ottobre 1982).
L'I.n.p.s. ha comunicato, attraverso la Circolare 28 gennaio 2011, n. 13, l'algoritmo utilizzato per il calcolo della prestazione di C.i.g. nei casi di comunicazione dei dati relativi ai periodi di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa tramite il flusso Uniemens. Da tale Circolare ne deriva che, in concreto, le quote di mensilità aggiuntive vengono di rado rimborsate dall'I.n.p.s. in quanto eccedono il tetto mensile applicabile alla singola fattispecie tenuto conto che il ragguaglio a ore del compenso ultramensile (13° e 14° ecc.) sommato al ragguaglio a ore del trattamento corrisposto mese dopo mese non può in ogni caso superare il massimo spettante.
Diverso è il caso della cassa integrazione a orario ridotto dove maturano due quote di tredicesima:
la prima relativa alle ore effettivamente prestate; la seconda, alle ore non lavorate per effetto della riduzione di orario per la quale si beneficerà della parziale integrazione salariale. Gli eventuali Esami congiunti possono stabilire differenti criteri. Per quanto attiene alla maturazione dei R.o.l., i periodi di sospensione a zero ore o i periodi di lavoro con riduzione d’orario non fanno maturare i permessi per riduzione di orario di lavoro.

C.i.g. e Attività di volontariato
 I compensi corrisposti dalle Prefetture competenti per attività di volontariato promosse dalla Protezione civile non sono cumulabili con l'importo spettante a titolo di C.i.g. (I.n.p.s. - Circolare 12
dicembre 2002, n. 179).
Per il lavoratore che si occupi in un'attività di volontariato il compenso della Prefettura prevale su quello dell'integrazione salariale.


C.i.g. e Aspettativa sindacale
 Il lavoratore in aspettativa non retribuita (ex art. 31 Statuto dei lavoratori) non può essere posto in C.i.g. in quanto in tali casi mancherebbe il reddito da integrare. Tuttavia lo stesso potrà essere inserito in C.i.g. nel momento in cui cessa il distacco sindacale.


C.i.g. e Distacco
 E’ lecito il distacco avente finalità prevalentemente economica per evitare che il lavoratore sia posto in C.i.g. Il risparmio di tale scelta consente infatti da un lato all'impresa di sopravvivere e, dall'altro, di conservare in forza e aggiornati i dipendenti già formati (Ministero del Lavoro - Circolare 24 giugno 2005, n. 28).
Per quanto attiene ai lavoratori già distaccati, con il Messaggio 18 ottobre 2019, n. 3777 (punto 5), l’Istituto ha chiarito quanto segue. “In merito alla possibilità di accedere al trattamento C.i.g. per i lavoratori posti in distacco presso altra impresa, si rappresenta quanto segue.
Ciò premesso, si osserva che l’integrazione salariale viene concessa in favore dei lavoratori che prestano servizio presso l’unità produttiva per la quale viene chiesta l’integrazione stessa. Pertanto, se il lavoratore distaccato presta la propria attività lavorativa non più presso l’unità produttiva per la quale l’azienda distaccante ha presentato l’istanza di CIGO ma presso altra azienda (distaccataria), risulta evidente che il lavoratore stesso, per tutta la durata del distacco, non può essere ricompreso tra i beneficiari dell’integrazione salariale. A tale conclusione deve giungersi anche considerando che, come sopra ricordato, l’azienda distaccataria frequentemente rimborsa all’azienda distaccante, in via pattizia, gli oneri relativi al trattamento economico del lavoratore posto in distacco, per cui se l’integrazione salariale venisse riconosciuta anche a quest’ultimo, l’azienda distaccante fruirebbe, per quello stesso lavoratore, sia dell’intervento di cassa che del rimborso degli emolumenti erogati.
Anche nel diverso caso in cui l’integrazione salariale è richiesta dall’azienda presso la quale il lavoratore è distaccato (distaccataria), il lavoratore stesso non può essere posto in CIG.
Infatti, la Circolare n. 41/2006, paragrafo 3.5, ha già chiarito che «in caso di distacco il datore di lavoro (distaccante) rimane responsabile del trattamento economico e normativo a favore del lavoratore (art. 30, comma 2): nel caso in cui l’azienda presso cui il lavoratore è distaccato usufruisca delle integrazioni
salariali, queste ultime non gli spettano in quanto egli rimane a tutti gli effetti dipendente dell’azienda di origine».
In coerenza con le regole sopra enunciate, in caso di distacco parziale, il lavoratore distaccato potrà essere collocato in cassa integrazione unicamente dalla ditta distaccante, datrice di lavoro e responsabile del trattamento economico, ma solo per i periodi in cui viene svolta l’ordinaria attività lavorativa presso la stessa, restando esclusi, viceversa, i periodi in cui il lavoratore è in distacco presso altra azienda.”

C.i.g. e Malattia
 L’art. 3, co. 7 del Decreto legislativo n. 148/2015 (Il trattamento di integrazione salariale sostituisce in caso di malattia l'indennità giornaliera di malattia, nonché la eventuale integrazione contrattualmente prevista.) stabilisce espressamente, il principio di prevalenza della C.i.g. sulla malattia Già nel tempo, l’argomento era stato trattato dall’Istituto ed anche con la citata riforma è stata mantenuta la seguente interpretazione: “Inps – Circolare 197 – 2 dicembre 2015 (punto 1.8)
In considerazione delle diverse fattispecie che in concreto possono verificarsi si ritiene di poter confermare quanto già disciplinato in via amministrativa dall’Istituto e che di seguito si riporta.
Se durante la sospensione dal lavoro (cassa integrazione a 0 ore) insorge lo stato di malattia, il lavoratore continuerà ad usufruire delle integrazioni salariali: l’attività lavorativa è infatti totalmente sospesa, non c’è obbligo di prestazione da parte del lavoratore, che non dovrà quindi nemmeno comunicare lo stato di malattia e continuerà a percepire le integrazioni salariali.
Qualora lo stato di malattia sia precedente l’inizio della sospensione dell’attività lavorativa si avranno due casi:
se la totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene ha sospeso l’attività, anche il lavoratore in malattia entrerà in C.i.g. dalla data di inizio della stessa;
qualora, invece, non venga sospesa dal lavoro la totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene, il lavoratore in malattia continuerà a beneficiare dell’indennità di malattia, se prevista dalla vigente legislazione.
Se l’intervento di cassa integrazione è relativo ad una contrazione dell’attività lavorativa, quindi riguarda dipendenti lavoranti ad orario ridotto, prevale l’indennità economica di malattia.”


C.i.g. ed Infortunio sul lavoro
Il lavoratore che prima dell’inizio della cassa subisca un infortunio o sia vittima di una malattia professionale comportante un’inabilità temporanea assoluta, ovviamente non può essere collocato in C.i.g.o. e, pertanto, allo stesso spetta il relativo trattamento a carico dell’I.n.a.i.l. e, eventualmente, l’integrazione a carico del datore di lavoro per il periodo contrattualmente stabilito. In caso di infortunio avvenuto durante la riduzione di orario per intervento della cassa integrazione, al lavoratore spetta il trattamento di infortunio a carico dell’I.n.a.i.l. dal giorno dell’infortunio e per l’intero periodo riconosciuto.

C.i.g. e Congedo matrimoniale
 Il trattamento economico previsto per il congedo matrimoniale è più favorevole per il lavoratore per cui prevale sulla C.i.g. con la conseguenza che, durante tale periodo, il lavoratore sospende la fruizione della C.i.g. così come chiarito dall’Istituto con la Circolare n. 248 del 23 ottobre 1992 che ne ha dichiarato l’incumulabilità: “Per quanto concerne i trattamenti di integrazione salariale, infatti, deve escludersene in via di principio la spettanza, per mancanza dei presupposti che ne legittimano l'erogazione, in quanto, nel caso della assenza per contrarre matrimonio, la causa della mancata prestazione di lavoro è da ricondursi alla sfera decisionale del lavoratore e non ad alcuna delle motivazioni, ricollegabili ad eventi attinenti la situazione aziendale, che legittimano i provvedimenti di concessione dell'integrazione salariale, sia in regime ordinario che in quello straordinario.”

C.i.g. e Maternità
 Ai sensi dell’art. 54, co. 4 del Decreto legislativo n. 151/2001, durante il periodo nel quale opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l’attività dell’azienda o del reparto cui la stessa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia autonomia funzionale. Per quanto riguarda il congedo di maternità, per tutti gli eventi insorti durante il godimento del trattamento di integrazione salariale, o anche prima dell’inizio del trattamento, l’indennità di maternità dovuta prevale sempre rispetto all’integrazione salariale.
Essa sarà peraltro corrisposta, per quanto previsto dall'art. 24, co. 6, del Decreto legislativo n. 151/2001 6 – (La lavoratrice che, nel caso di congedo di maternità iniziato dopo sessanta giorni dalla data di sospensione dal lavoro, si trovi, all'inizio del congedo stesso, sospesa e in godimento del trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni, ha diritto, in luogo di tale trattamento, all'indennità giornaliera di maternità.) anche nella circostanza in cui la lavoratrice, nel caso di congedo di maternità iniziato dopo sessanta giorni dalla data di sospensione dal lavoro, si trovasse, all'inizio del congedo stesso, sospesa e in godimento del trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione guadagni. Come precisato dall'I.n.p.s. con le Circolari n. 625/1980 e n. 152/1990, l'indennità di maternità prevale quindi sulla C.i.g. essendo un trattamento economico e previdenziale più favorevole.
Nessuna indennità è, invece, erogabile per gli eventi di maternità insorti oltre il secondo mese dalla cessazione dell'intervento ordinario di integrazione guadagni senza che sia stata ripresa l’attività lavorativa. Per quanto riguarda il periodo di congedo parentale (ex astensione facoltativa) non si pongono problemi di sovrapposizione, in quanto il diritto a tale astensione dal lavoro e alla relativa indennità non spetta alle lavoratrici sospese, che beneficiano invece della normale integrazione salariale.
In particolare, qualora il periodo di congedo parentale sia chiesto durante un periodo di sospensione per cassa integrazione già in corso, non essendo i due trattamenti cumulabili, la lavoratrice (o il lavoratore) percepirà il trattamento di integrazione salariale.
Nel caso, invece, in cui la lavoratrice sia già in congedo parentale all’inizio dell’intervento di integrazione salariale, la medesima potrà valutare di rientrare in servizio e cessare quindi il godimento del congedo parentale e fruire, conseguentemente del trattamento salariale.
Quanto sopra si ritiene applicabile anche in relazione al c.d. Congedo COVID-19 di cui all’art. 23 del Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18; tuttavia, l’I.n.p.s., con Messaggio 15 aprile 2020, n. 1621, ha precisato che il genitore lavoratore dipendente che fruisca di “un qualsiasi trattamento di integrazione salariale”, nel periodo di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa e voglia avvalersi della facoltà di fruire del congedo COVID-19, può optare di fruire di quest’ultimo.



C.i.g. e Permessi per allattamento
 Se la lavoratrice o il lavoratore sono in C.i.g. a zero ore, non sono integrabili i riposi giornalieri durante il primo anno di vita del bambino.
Se c’è solo una riduzione dell’orario:
qualora le ore di allattamento ricadono durante le ore non richieste in riduzione, spetta l’indennità per allattamento;
qualora le ore di allattamento ricadono durante la sospensione per cassa integrazione, le ore di allattamento sono integrabili.

C.i.g. e Permessi Legge n. 104/1992
 In caso di C.i.g. a zero ore per un mese intero non compete nessun giorno di permesso retribuito ex Legge n. 104/1992. Qualora vi sia solo una riduzione della prestazione lavorativa, il Ministero del Lavoro, con la Risposta all’Interpello n. 46 del 3 ottobre 2008, ha sostenuto che in pendenza di C.i.g. è necessario, al fine di evitare un comportamento discriminatorio rispetto ad un lavoratore obbligato a prestare attività lavorativa per tutti i giorni lavorativi del mese, un ridimensionamento proporzionale dei giorni di permesso fruibili.
E’ da evidenziare, tuttavia, l’Istituto con Messaggio n. 3114 del 7 agosto 2018 (confermato anche dalla Circolare n. 45/2020), ha modificato l’algoritmo di calcolo per il riproporzionamento dei giorni di permesso per il lavoratore che effettua prestazione lavorativa in regime di orario a tempo parziale Alla luce dell’attuale contesto normativo, pertanto, la formula di calcolo da applicare ai fini del riproporzionamento dei 3 giorni di permesso mensile ai casi di part-time verticale e part-time misto con attività lavorativa limitata ad alcuni giorni del mese è la seguente:
orario medio settimanale teoricamente eseguibile dal lavoratore part-time   x 3 (giorni di permesso teorici) orario medio settimanale teoricamente eseguibile a tempo pieno Il risultato numerico andrà quindi arrotondato all’unità inferiore o a quella superiore a seconda che la frazione sia fino allo 0,50 o superiore.
A titolo esemplificativo si riportano i seguenti due esempi.
1) Lavoratore in part-time con orario medio settimanale pari a 18 ore presso un’azienda che applica un orario di lavoro medio settimanale a tempo pieno pari a 38 ore.
Applicando la formula sopra enunciata, il calcolo sarà il seguente:
(18/38) X 3= 1,42 che arrotondato all’unità inferiore, in quanto frazione inferiore allo 0,50, dà diritto a 1 giorno di permesso mensile.
2) Lavoratore in part-time con orario medio settimanale pari a 22 ore presso un’azienda che applica un orario di lavoro medio settimanale a tempo pieno pari a 40 ore.
Applicando la formula sopra enunciata il calcolo sarà il seguente:
(22/40) X 3=1,65 che arrotondato all’unità superiore, in quanto frazione superiore allo 0,50, dà diritto a 2 giorni di permesso mensili.
Nel caso in cui la riduzione riguardi solo l’orario giornaliero di lavoro (ad esempio n. 2 ore di lavoro al giorno di CIGO), rimane il diritto a fruire di n. 3 giorni di permesso mensile.
Si ritiene che il medesimo riproporzionamento debba essere applicato anche in relazione ai 12 giorni aggiuntivi di permesso Legge n. 104/1992, di cui all’art. 24 del Decreto legge 17 marzo 2020, n. 18; tale orientamento viene confermato dall’I.n.p.s. con Messaggio 15 aprile 2020, n. 1621, nella parte in cui afferma: “Le 12 giornate previste dall’articolo 24 del decreto-legge n. 18/2020 sono soggette alle regole generali dei permessi di cui alla legge n. 104/1992. Pertanto, in caso di CIG/FIS con sospensione a zero ore non vengono riconosciute le giornate di permesso.
In caso di CIG/FIS con riduzione di orario, le 12 giornate possono essere fruite riproporzionando le giornate spettanti in base alla ridotta prestazione lavorativa richiesta, secondo le regole del part-time verticale”.

C.i.g. e Congedo straordinario per assistere portatori di handicap grave
 In base alla risposta all’Interpello n. 70 del 12 ottobre 2009, il Ministero del Lavoro specifica che il lavoratore che, prima della messa in C.i.g. (ridotta o a zero ore) da parte dell'azienda, abbia chiesto di fruire del congedo straordinario per gravi motivi familiari, percepisce l'indennità relativa al congedo stesso, non è interessato dalla sospensione dell'attività lavorativa (o dalla riduzione di orario per C.i.g.) e pertanto non percepisce il trattamento integrativo previsto per la C.i.g. In tal caso l'indennità per congedo deve essere parametrata sulla retribuzione corrisposta in funzione della effettiva prestazione lavorativa. Nel caso di presentazione della domanda di congedo durante la sospensione dell'attività, occorre distinguere:
se la C.i.g. è a zero ore, il congedo non può essere riconosciuto al lavoratore, che pertanto resta in C.i.g.;
se la sospensione dal lavoro è solo parziale, il lavoratore continua a percepire l'integrazione salariale per le ore di C.i.g., unitamente all'indennità per il congedo. In tale ipotesi, l'indennità relativa al congedo deve essere calcolata con riferimento all'ultima retribuzione percepita "al netto" del trattamento integrativo.

C.i.g. e Permessi per decesso
 In caso di sospensione a zero ore si ritiene non spettino i permessi per decesso di cui all’art. 4, co. 1, Legge n. 53/2000 per analogia con i permessi per l’assistenza a portatori di handicap grave in quanto il lavoratore non effettua alcuna prestazione lavorativa per cui non ha alcun obbligo lavorativo che lo vincoli.       
Diverso è il caso di riduzione dell’attività lavorativa coincidente con il periodo di integrazione salariale in cui si ritiene sussista il diritto in questione.

C.i.g. e Donazione sangue
 La donazione del sangue resa durante una sospensione o riduzione per cassa integrazione guadagni dà comunque diritto alla relativa indennità, che prevale, quindi, sull'integrazione salariale.

C.i.g. e Cessazione del rapporto
 Con Circolare 18 ottobre 1984, n. 6645 l’I.n.p.s. ha affermato che “le autorizzazioni alle integrazioni salariali, una volta rilasciate, attribuiscono un diritto soggettivo perfetto a favore dei lavoratori interessati, diritto che non viene meno se nel corso del periodo autorizzato venga risolto il rapporto di lavoro. Ciò in considerazione del fatto che la ripresa dell'attività aziendale non è necessariamente dipendente dalla riammissione al lavoro dei lavoratori sospesi, singolarmente considerati.
Pertanto, sempreché sia stata autorizzata l'erogazione delle integrazioni salariali, i lavoratori sospesi hanno diritto a beneficiare delle prestazioni sino alla data dell'eventuale risoluzione del rapporto di lavoro.”

C.i.g. e Previdenza complementare
 Generalmente la previdenza complementare si basa su tre differenti risorse; la C.i.g. ha le seguenti generali conseguenze:
Contributo a carico del datore di lavoro - Contributo a carico del lavoratore: genericamente se non è dovuta retribuzione non spetta neanche il contributo al Fondo pensione; occorre però considerare le specifiche norme previste dal C.c.n.l. nonché eventuali accordi aziendali che, superando le disposizioni contrattuali e di legge, possono prevedere l’obbligo per l’azienda di integrare l’indennità di C.i.g. a carico dell’I.n.p.s.

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C.i.g. e Cessione del quinto –
 In riferimento alla cessione del quinto è da rilevare che solitamente, il finanziamento è assicurato contro ognitipo di rischio si possa incontrare a livello di impiego come il licenziamento, le dimissioni, la malattia, le sospensioni, la cassa integrazione e l’aspettativa; per ognuno di questi eventi comportanti la cessazione o sospensione della retribuzione è prevista una apposita copertura assicurativa.
In caso di cassa integrazione è possibile che il lavoratore si troverà ad avere a disposizione una retribuzione netta differente rispetto all’originaria retribuzione dichiarata al momento della concessione del prestito. In seguito alla riduzione della retribuzione il datore di lavoro potrebbe vedersi costretto ad adeguare l’ammontare della cessione alla nuova retribuzione netta. Ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. n. 180/1950, qualora la retribuzione gravata da trattenuta a titolo di cessione del quinto subisca una riduzione pari o inferiore ad 1/3 del suo ammontare, il datore di lavoro potrà continuare ad operare la trattenuta dalla retribuzione nella misura stabilita dal cessionario. Qualora, invece, la riduzione sia superiore ad 1/3 della retribuzione netta, la trattenuta non potrà eccedere la misura di 1/5 della nuova retribuzione, per cui in questo caso sarà necessario comunicare alla società finanziaria l’evento che ha determinato la riduzione della retribuzione e chiedere la rideterminazione dell’importo della rata da trattenere. E’ comunque sempre consigliabile verificare quanto contenuto nel piano di finanziamento ed informare il creditore.

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