Corte di
Giustizia Europea: C-458/12 - cessione di ramo d’azienda
Con la sentenza
del 6 marzo 2014 - C-458/12 - la Corte Europea di Giustizia ha affrontato il
tema della conformità alla Direttiva comunitaria della disposizione, contenuta
nell’art. 2112 c.c., della cessione di ramo d’azienda inteso come
funzionalmente autonomo di un’attività economica organizzata, identificata come
tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento. La
questione era stata proposta del Tribunale di Trento.
La risposta della
Corte Europea è stata nel senso che nulla vieta, secondo l’ordinamento
comunitario, a che gli Stati membri (nel caso di specie quello italiano)
possano ritenere applicabile il regime del trasferimento di bramo di azienda a
parti dell’attività produttiva che diventano autonome, sotto l’aspetto
funzionale, al momento del passaggio.
Il giudice
remittente aveva sollevato la questione del controllo del cedente sul
cessionario che si manifesta sotto l’aspetto della committenza e sotto
quello di una sorta di commistione dello stesso rischio d’impresa. In questo
caso, la Corte ha affermato la mancanza di ostacoli nell’applicazione della
Direttiva 2001/23, arrivando alla conclusione che la cessione dei rapporti di
lavoro non è contraria alle norma comunitaria.
Per completezza
di informazione si ritiene opportuno ricordare, per sommi capi, i principi
relativi al trasferimento di azienda o parte di essa:
a)
sotto l’aspetto operativo il trasferimento di azienda si concretizza in una
modificazione soggettiva nei rapporti di lavoro (c.d. “successione a titolo
particolare”;
b)
la nozione di trasferimento, secondo la Direttiva 2001/23, riguarda una entità
economica, intesa come insieme di mezzi organizzati, finalizzati allo
svolgimento di un’attività essenziale od accessoria. Il riferimento
all’attività sembra estendere l’ambito di applicazione della nozione di
trasferimento. Il vecchio concetto della preesistenza appare superato dalla
decisione della Corte Europea che ha confermato la legittimità della
identificazione operata dalle parti all’atto del trasferimento ed introdotta
nell’art. 2112 c.c., dal D.L.vo n. 276/2003;
c)
il titolo del trasferimento è, indubbiamente, una cessione contrattuale che può
realizzarsi sia con la vendita che con altre tipologie negoziali come, ad
esempio, l’affitto, l’usufrutto o la fusione;
d)
il trasferimento di ramo di azienda presuppone una articolazione funzionalmente
autonoma ed organizzata (art. 2112 c.c., comma 5), secondo un concetto che
appare ben più ampio. L’articolazione, una volta esternalizzata, ad esempio,
può essere suscettibile di autonoma attività produttiva perché dotata di propri
mezzi e non necessariamente, quindi, solo servizio accessorio del cedente
(è il caso, di un servizio mensa, prima gestito all’interno). Il momento che
conta è quello della identificazione della cessione fatta dalle parti all’atto
del trasferimento, cosa che, indubbiamente, consente un maggior ambito di
manovra;
e)
la procedura di informazione e consultazione delle OOSS è prevista dai commi 1
e 2 dell’art. 47 della legge n. 428/1990. L’obbligo scaturisce dai limiti
dimensionali dell’impresa (almeno 16 dipendenti): essi vanno calcolati
sull’azienda nel suo complesso e non sul ramo. Per il computo vanno esclusi gli
apprendisti, gli assunti provenienti dai lavori socialmente utili e quelli con
contratto di inserimento (art. 20 della legge n. 223/1991). La comunicazione
alle OOSS va effettuata almeno 25 giorni prima del trasferimento o del
raggiungimento di un’intesa vincolante (i termini sono ridotti alla metà nel
caso di imprese ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria – legge
n. 39/2004, modificata dalla legge n. 166/2008). L’informazione deve riguardare
la data del trasferimento, i motivi dello stesso, le conseguenze giuridiche,
economiche e sociali riferite ai lavoratori e le eventuali misure previste per
costoro. L’obbligo di informazione e consultazione c’è anche allorquando
l’azienda o un ramo di essa viene acquisita da una società controllante. I
destinatari della comunicazione sono le RSU o le RSA e le OOSS di categoria
identificate sulla base del CCNL applicato. La violazione dell’obbligo di
comunicazione costituisce condotta antisindacale censurabile ex art. 28 della
legge n. 300/1970. Secondo un indirizzo della Suprema Corte (Cass., n.
23/2000), l’applicazione dell’art. 28 non incide sulla efficacia del negozio
traslativo, non potendosi configurare il rispetto della procedura quale
presupposto di legittimità del trasferimento. Tale tesi non ha trovato molti
sostenitori in dottrina ma anche nelle sentenze di merito, laddove si è
osservato che la mancata attivazione della procedura di consultazione legittima
gli interessati a far valere l’inefficacia della cessione. Se le organizzazioni
sindacali lo richiedono il cedente ed il cessionario debbono avviare un esame
congiunto nei successivi 7 giorni dalla richiesta: la procedura si conclude in
10 giorni anche se non si raggiunge un accordo;
f)
la continuazione del rapporto di lavoro viene assicurata esplicitamente dalla
norma che, al comma 4 dell’art. 47 afferma che il trasferimento non costituisce
di per sé motivo di licenziamento. Tralasciando una serie di questioni relative
alla possibilità che l’alienante proceda alla risoluzione dei rapporti per
cause diverse da quella della cessione, va ricordato come il dipendente passato
possa dimettersi per giusta causa allorquando, nei tre mesi successivi al
passaggio, si sia registrata una sostanziale modificazione “in peius” delle
proprie condizioni di lavoro;
g)
la continuazione del rapporto con il cessionario postula la conservazione di
tutti i diritti derivanti dai contratti collettivi, anche aziendali, fino alla
scadenza: la previsione della disposizione secondo la quale sotto l’aspetto
contrattuale un CCNL può essere sostituito con un altro CCNL ha lo scopo di
preservare i lavoratori rispetto ad un eventuale contratto aziendale
peggiorativo;
h)
la responsabilità solidale dell’acquirente si estende a tutti i crediti
vantati e maturati dai lavoratori all’atto del trasferimento. La responsabilità
è per i crediti contrattuali ma si estende anche alla contribuzione obbligatoria.
L’alienante può essere liberato dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di
lavoro attraverso una conciliazione avvenuta secondo le procedure degli
articoli 410 cpc (commissione provinciale di conciliazione presso la DTL) e 411
cpc (sede sindacale);
i)
il trasferimento di un’impresa in crisi viene trattato dall’art. 47 nel
penultimo comma: si è, quindi, di fronte, ad esempio, ad una crisi aziendale,
all’amministrazione straordinaria in caso di continuazione o mancata cessazione
dell’attività, ad un concordato preventivo o ad una continuazione dell’attività
con ristrutturazione del debito. Qualora l’attività sia cessata e sia
intervenuto un accordo sindacale, l’art. 2112 c.c. non trova applicazione,
fatte salve condizioni di miglior favore.
j)
I lavoratori che non passano alle dipendenze hanno un diritto di precedenza di
un anno, salvo termine maggiore stabilito negli accordi collettivi. Le
eventuali modifiche peggiorative non sono rimesse alla decisione dell’imprenditore
ma debbono essere frutto dell’accordo sindacale o di una pattuizione
individuale (Cass., n. 4724/1999). Va ricordato come il rispetto del diritto di
precedenza ex art. 47 abbia, di recente, assunto una specifica valenza nei
confronti del datore di lavoro che volesse effettuare un’assunzione
incentivata, non rispettandolo. L’art. 4, commi 10, 11 e 12 della legge n.
92/2012 afferma che il datore di lavoro non ha diritto al beneficio connesso
con quella assunzione effettuata, in spregio al diritto di precedenza.
Nessun commento:
Posta un commento