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lunedì 17 febbraio 2014

Contributi camerali alle imprese: Parma

Nell’ambito delle iniziative promozionali volte a favorire lo sviluppo del sistema economico locale, la Camera di Commercio di Parma concede contributi a fondo perduto alle imprese provinciali.
Tali contributi sono erogati - fino ad esaurimento dei fondi disponibili in bilancio - in conformità ai diversi regolamenti approvati dal Consiglio camerale ed alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di stato.

A PARTIRE DAL 1 GENNAIO 2013, per ottemperare alle recenti disposizioni normative di cui all’art. 4 comma 6 del DL 95/2012

di seguito riportate,
....Gli enti di diritto privato di cui agli articoli da 13 a 42 del codice civile, che forniscono servizi a favore dell'amministrazione stessa, anche a titolo gratuito, non possono ricevere contributi a carico delle finanze pubbliche. Sono escluse le fondazioni istituite con lo scopo di promuovere lo sviluppo tecnologico e l'alta formazione tecnologica e gli enti e le associazioni operanti nel campo dei servizi socio-assistenziali e dei beni ed attività culturali, dell'istruzione e della formazione, le associazioni di promozione sociale di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 383, gli enti di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, le organizzazioni non governative di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, le cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, le associazioni sportive dilettantistiche di cui all'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nonché le associazioni rappresentative, di coordinamento o di supporto degli enti territoriali e locali”,

tutte le domande di contributo dovranno essere complete della Dichiarazione sostitutiva di atto notorio scaricabile nella stessa sezione della modulistica.


Link regolamenti e modulistica:

MAXISANZIONE: Lavoro nero, le nuove sanzioni

L’art. 14 del DL n° 145/2013, al fine di rafforzare l’attività di contrasto al fenomeno del lavoro sommerso ed irregolare, e di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, ha inasprito il sistema sanzionatorio relativo alla c.d. “maxisanzione” per il lavoro nero, alla sospensione dell’attività imprenditoriale e all’orario di lavoro.
Tali novità sono state prontamente inquadrate dal Ministero del Lavoro con lettera circolare n° 22277/2013, il quale ha evidenziato che dal 24/12/2013:
-         È aumentata del 30% la maxisanzione per il lavoro nero (art. 3 del DL 12/2002) ed è stata esclusa l’applicazione della diffida di cui all’art. 13 del Dlgs n° 124/2004;
-         Sono aumentate del 30% le somme aggiuntive da versare per la revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale (art. 14 del Dlgs n° 81/2008);
-         Sono decuplicate le sanzioni sulla durata media dell’orario di lavoro, riposi giornalieri e settimanali.

I maggiori introiti andranno a potenziare le attività della DTL.

POS: obbligo per le transazioni superiori ad € 30,00.

Con Nota del 20/01/2014, il Ministero dello Sviluppo Economico ha precisato che il testo del decreto che disciplina l’uso di moneta elettronica per i pagamenti di beni, servizi e prestazioni professionali è unico e, quindi, non è prevista “nessuna retromarcia rispetto all’ambito e alle modalità della sua applicazione”.

In particolare, il decreto prevede che l’obbligo di accettare le carte di debito per i pagamenti:
  • Si applica a tutte le transazioni superiori ad € 30,00;
  • Fino al 30 Giugno 2014, si applica solo alle attività commerciali/professionali con fatturato superiore a 200.000,00.

Note:
-         l’entrata in vigore avverrà dopo 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;

-         entro i successivi 90 giorni, con un ulteriore decreto, potranno essere definite le modalità di adeguamento per i soggetti esclusi, ossia quelli con fatturato inferiore ad euro 200.000.

Bonifici esteri, Tesoro trattiene il 20%

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/02/16/lultima-trovata-del-tesoro-trattenuta-del-20-per-cento-sui-bonifici-dallestero/883197/

Prima di lasciare le redini del Paese a Matteo Renzi, il governo di Enrico Letta fa un ultimo “regalo” ai consumatori. Il primo febbraio è entrato in vigore un provvedimento che prevede ilprelievo del 20% dai bonifici in arrivo dall’estero e indirizzati ai conti correnti italiani. La ritenuta d’acconto è automatica e spetta al contribuente dimostrare che le somme non hanno natura di “compenso reddituale” per chiedere la restituzione dell’imposta. La misura – prevista dall’articolo 4 del dl n. 197/90 modificato dalla legge 97/2013 – è stata subito presa di mira dalle associazioni di consumatori, che minacciano azioni legali.
“E’ una vergogna, sadismo fiscale”, dichiara Elio Lannutti, presidente dell’Adusbef, annunciando che “se non ritirano questo provvedimento lo impugneremo perché è illegale e incostituzionale: se qualcuno lo impugnasse davanti a una commissione tributaria, infatti, vedrebbe sicuramente riconosciuti i propri diritti”. E aggiunge: “E’ assurdo colpire qualcuno basandosi soltanto sulla presunzione di colpa, equivale a cacciare una persona in galera e farla uscire dal carcere se si scopre innocente”. Inoltre “è un boomerang per lo Stato, perché farà scappare persone e capitali”.
Le banche, come spiegava nei giorni scorsi Il Sole 24 Ore, sono obbligate dal primo febbraio ad applicare la maxi ritenuta sui bonifici esteri da destinare all’erario. Le specifiche applicative si trovano nel provvedimento n. 2013/151663 del direttore dell’Agenzia delle entrate del 18 dicembre scorso e il prelievo è frutto della decisione di considerare ogni flusso di denaro proveniente dall’estero e diretto a persone fisiche italiane come una componente reddituale imponibile. Si tratta quindi di una vera e propria trattenuta, che non viene applicata solo nel caso in cui il contribuente dimostri che l’importo non ha connotazione reddituale, ma è per esempio destinato alla restituzione di un prestito o alla donazione di denaro.
La dimostrazione che non si tratta di una componente reddituale, però, spetta al contribuente. E il meccanismo è tutt’altro che semplice: prevede infatti che un funzionario della banca riceva e valuti la dichiarazione di chi chiede la restituzione dell’imposta. “Il prelievo va in ogni caso effettuato, indipendentemente da un incarico alla riscossione, a meno che il contribuente non attesti, mediante un’autocertificazione resa in forma libera, che i flussi non costituiscono redditi di capitale o redditi diversi derivanti da investimenti all’estero o da attività estere di natura finanziaria”, si legge nel testo che annuncia il provvedimento. Il contribuente può quindi “richiedere all’intermediario larestituzione dell’imposta non dovuta o applicata in misura superiore a quanto dovuto entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello del prelievo”.

Occorre precisare che la ritenuta non si applica alle persone fisiche che ricevono bonifici nell’ambito della propria attività d’impresa o di lavoro autonomo, oppure quando la riscossione non avviene tramite l’intevrento di un intermediario finanziario. Ma i consumatori sono già sul piede di guerra. “La ritenuta del 20% rappresenta l’ennesimo abuso di potere”, affermano Adusbef eFederconsumatori. Mentre su change.org è stata lanciata una petizione per “invitare il presidente a farsi parte attiva nei confronti dei membri del governo competenti per l’immediata abolizione di questa misura inefficace, inefficiente e perniciosa”.

Rapporto OECD, Italia vs Germania: più ore di lavoro, minori salari e costo della vita più alto

Lavoriamo di più, guadagniamo di meno e abbiamo bisogno di più soldi per vivere dignitosamente. Viene un po’ di tristezza a mettere a confronto i dati 2012 sulle ore lavorative annuali, i salari medi e il costo della vita tra Italia e Germania e resto d’Europa.
Andiamo con ordine. Se si parla di salari medi annuali, secondo il rapporto dell’ OECD - Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economicola media europea è di 32.400 € l’anno. I salari medi italiani di 28.900 €, superiori comunque a quelli di Spagna (25.600 €) e Grecia (20.100 €), ma minori di Germania  (44.800 €), quelliFrancia (36.700 €), Inghilterra (58.300 €) o Svezia (59.500 €). Si potrebbe dire che però altrove si lavora di più. Non è così. Secondo questo altro studio un italiano occupato lavora mediamente 1752 ore l’anno. In Germania 1397 ore, in Francia 1479, in Spagna 1686, in Inghilterra 1654. Il record però lo detiene la Grecia: 2034 ore l’anno. Non è solo a causa della crisi. In Grecia si lavora di più che in buona parte del resto dei paesi dell’Unione Europea sin da primi anni 2000 (i dati relativi agli anni precedenti non sono a disposizione per confronti anteriori). Certo, poi bisognerebbe vedere “come si lavora” ovvero l’efficienza, ma quello è un ambito difficile da valutare in termini statistici.
Se si calcola che in Italia i giorni lavorativi nel 2012 sono stati 253 e mantenendo lo stesso dato anche per la Germania, possiamo vedere che un’ora di lavoro in Italia venga pagata circa 16,50 €. mentre in Germania 32.1 €. Quasi il doppio. In Grecia 9.89 € l’ora, in Spagna 15.19 €, in Inghilterra 35.25 €.
Si potrebbe dire: però il costo della vita in Italia è minore. Facciamo un confronto. Per farlo utilizzeremo Numbeo, un utilissimo servizio online che calcola il costo della vita medio in migliaia di città tenendo in considerazione  i costi di consumi, affitto, ristoranti, spese alimentari e bollette varie. Non è un sistema perfetto, ma è comunque indicativo. In questo caso i dati sono attuali e non relativi al 2012 (come quelli precedenti).Focalizziamoci solo su Italia e Germania e facciamo a questo punto un doppio parallelo. Prima ci soffermiamo sulle due capitali politiche, Roma e Berlino, e poi sulle due città considerate “economiche” ovvero Milano e Francoforte, entrambe sedi delle rispettive borse nazionali. Ebbene, nonostante i salari medi siano più bassi e si lavori di più, anche qui l’Italia “perde”. Questo è il risultato del Roma-Berlino e questo di Milano-Francoforte. Se si pretendesse lo stesso standard di vita a Berlino si spenderebbero 2812 € al mese, mentre a Roma 3700 €, quasi 900 € in più. Tutto costa di più a Roma tranne che l’energia elettrica. Con 3270 euro a Francoforte si potrebbe avere lo stesso standard di vita che si avrebbe a Milano con 3700. Certo, ci sono dati che mancano e non tutto può essere valutato in termini statistici, ma il quadro che emerge da questi dati è sicuramente preoccupante se visto da una prospettiva italiana. L’unica consolazione? L’aspettativa di vita. Se in Germania è 80.6 anni, in Greca 80.7, in Svezia 81.7 e in Spagna 82, in Italia è di ben 82.2. Chissà, forse almeno il sole e la buona cucina ancora contano qualcosa.

Lavoro, Corte Ue a Italia: illecito escludere dirigenti da mobilità

BRUXELLES (Reuters) - La legge italiana esclude "illecitamente" i dirigenti dalla mobilità, il sussidio riconosciuto ai lavoratori coinvolti in procedure di licenziamento collettivo.
Lo ha sancito la Corte di giustizia europea dando ragione alla Commissione, che contesta all'Italia di violare la direttiva 98/59.
"L'Italia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti", si legge in una nota.
L'Italia ha limitato le garanzie previste dalla direttiva a operai, impiegati e quadri, escludendo i dirigenti.

martedì 11 febbraio 2014

Installazione delle telecamere senza autorizzazione - datore responsabile penalmente.

http://www.dplmodena.it/cassazione/sentenze/altre_procedure/4331-14.htm


Con sentenza n. 4331 del 30 gennaio 2014, la Cassazione ha affermato che l'installazione di telecamere all'interno dell'azienda e puntate direttamente sui dipendenti, effettuata senza attendere l'autorizzazione della DTL o l'accordo con le rappresentanze sindacali, comporta la responsabilità penale del datore di lavoro, anche se le stesse risultano spente.
La Suprema Corte, evidenzia come vada prioritariamente tutelato il bene giuridico della riservatezza del lavoratore e, di conseguenza, il reato di pericolo a carico del datore può configurarsi con la mera installazione non autorizzata dell'impianto di videoripresa, anche se la telecamera risulta spenta sino benestare dell'ispettorato del lavoro

Lavoro, il 65% delle aziende irregolare.

http://www.corriere.it/economia/14_febbraio_11/lavoro-65percento-aziende-irregolare-f6e629de-933d-11e3-aaf6-4579e45c2a0a.shtml

Su oltre 235 mila aziende controllate nel 2013, 152 mila sono risultate irregolari, il 65%. E’ il bilancio delle ispezioni del ministero del Lavoro, che evidenzia una crescita di irregolarità rispetto all’anno precedente del 2%. L’infrazione più comune? Il lavoro in nero: sono stati oltre 86 mila, il 35% degli irregolari, i lavoratori totalmente non registrati dall’azienda. Complessivamente, i contributi non versati nel 2013 ammontano a 1,4 miliardi.
LA CRISI CHE MORDE - In realtà il numero dei lavoratori irregolari scoperti è stato inferiore al 2012: -19%, con un totale di circa 239 mila persone con contratti irregolari. Ma il dato, sottolinea il ministero, va considerato tenendo conto della crisi, che ha drasticamente ridotto in generale il numero dei lavoratori, dipendenti e non, all’interno delle aziende.