Il periodo di Cassa integrazione
guadagni come influenza il rapporto di lavoro? Quale istituto
giuridico prevale? Cosa succede agli
istituti contrattuali differiti?
Mentre si è in attesa della conversione in
Legge del Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, e sono già in atto le varie forme
di ammortizzatori sociali, non rare sono le domande inerenti alla gestione
delle conseguenze dello stesso ammortizzatore e/o all’accadimento di eventuali
fattori concomitanti (1).
Con la presente Circolare, senza avere la
pretesa di esaustività e parlando di Cassa integrazione guadagni ordinaria (C.i.g.o. – Assegno Ordinario/C.i.g.o. –
C.i.g.o. Deroga), si
specifica quanto segue in linea generale ed interpretativa, consigliando, altresì, di verificare anche
quanto, eventualmente, previsto dal C.c.n.l. applicato.
C.i.g. e Periodo di prova
Il periodo di sospensione non può essere computato ai fini dello svolgimento del
patto di prova (Cassazione
20/11/1996, n. 10183: Il collocamento in cassa integrazione è configurabile
come una causa di sospensione del rapporto e le erogazioni del datore di lavoro
nel periodo di sospensione non costituiscono adempimento dell'obbligazione
retributiva, onde detto periodo non può essere computato ai fini della durata
della prova e non può ritenersi influente sul limite semestrale di cui all'art.
10 legge n. 604 del 1966).
In caso di riduzione di attività, occorre verificare, caso per caso, se la
contrazione dell'orario pregiudica la validità della prova.
C.i.g. ed Anzianità di servizio
L'anzianità di servizio decorre regolarmente durante il periodo di C.i.g., esplicando i
suoi effetti sugli istituti collegati ad essa, come ad esempio gli scatti di
anzianità.
I periodi di C.i.g. non sono invece utili
nei casi in cui specifiche norme di legge richiedano lo svolgimento di lavoro
effettivo.
C.i.g. ed Assegno per il nucleo familiare
Ai lavoratori beneficiari della C.i.g.
spetta, in rapporto al periodo di paga adottato e alle medesime condizioni dei
lavoratori a orario normale, l'assegno per il nucleo familiare (art. 3, co. 9, D. l.vo n. 148/2015:
Ai lavoratori beneficiari dei trattamenti
di integrazione salariale spetta, in rapporto al periodo di paga adottato e
alle medesime condizioni dei lavoratori a orario normale, l'assegno per il
nucleo familiare di cui all'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69,
convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e successive
modificazioni).
Per quanto attiene l’Assegno ordinario
(F.i.s.), l’Istituto non riconosce tale possibilità (Circolare 15settembre 2017; Circolare 28
marzo 2020, n. 47: “Durante il periodo di percezione dell’assegno ordinario non
è erogata la prestazione accessoria degli assegni al nucleo familiare”.)
C.i.g. ed Assenze non retribuite e
retribuite
In via generale, l'integrazione salariale non è dovuta per le festività non retribuite e per le
assenze che non comportino retribuzione (art. 3, co. 8, Decreto legislativo n. 148/2015: L'integrazione
non è dovuta per le festività non retribuite e per le assenze che non
comportino retribuzione.)
Le festività cadenti in settimane nelle quali vi sia una
sospensione parziale dell'attività
lavorativa restano a carico del datore di lavoro.
Sono a carico del datore di lavoro le
festività cadenti nelle prime 2 settimane di sospensione, anche se totale,
relativamente al personale con paga oraria e non mensilizzata mentre, nei
rimanenti casi, la festività dà luogo al normale trattamento di C.i.g. anche in
caso di coincidenza con il sabato o la domenica (fanno eccezione le giornate del 25 aprile, 1 maggio e
2 giugno, per le quali rimane in ogni caso l’obbligo di retribuzione nella
misura di 1/26, o nella diversa misura stabilita dal C.c.n.l. applicato, della
retribuzione mensile in capo al datore di lavoro).
In particolare, l’Istituto, con il Messaggio n. 13552 del 12 giugno 2009, ha specificato che:
relativamente
ai lavoratori retribuiti in misura fissa mensile o mensilizzati, le festività
civili, nazionali e religiose, non comportano in ogni caso riduzione della
misura settimanale delle integrazioni salariali, atteso che la retribuzione
predeterminata si riferisce a tutte le giornate lavorative del mese e non
subisce alcuna variazione per la circostanza che alcune di queste giornate
coincidano con le festività (v. Circolare 8 febbraio 1973, n. 50943 lett. B).
In tale ipotesi le ore attinenti alle festività sono da comprendere, da un
lato, nel numero delle ore lavorative ricadenti in ogni singolo mese per il
quale deve essere diviso l'importo massimo mensile del trattamento di
integrazione salariale e, dall'altro, devono essere incluse nel numero delle
ore integrabili. Il suddetto trattamento è confermato anche per quei
lavoratori, con qualifica operaia, che in base al C.c.n.l. di settore applicato
sono retribuiti con paga mensilizzata.
per i
lavoratori retribuiti non in misura fissa ma in rapporto alle ore, le festività
del 25 aprile, del 1° maggio e del 2 giugno devono essere sempre retribuite dal
datore di lavoro. Pertanto, nella determinazione delle ore integrabili non
vanno comunque considerate a carico della Cassa le ore inerenti a tali festività
che cadono nel corso della settimana. L’I.n.p.s. ha precisato, inoltre, che
sono del pari da considerare non integrabili le ore relative alle festività (1°
giorno dell'anno, lunedì dopo Pasqua, Assunzione, Ognissanti, Immacolata
Concezione, Natale, Santo Stefano e Santo Patrono) infrasettimanali quando
queste si collocano nell'ambito delle prime due settimane di sospensione,
essendo per legge (art. 3 della Legge 31 marzo 1954, n. 90) assicurata la
retribuzione a carico del datore di lavoro nei confronti dei lavoratori
suddetti. Sono invece da calcolare come ore integrabili quelle relative alle
citate rimanenti festività, quando queste non siano pagate (sempre in virtù
dell'art. 3 della Legge 31 marzo 1954, n. 90) dal datore di lavoro a causa del
prolungarsi della sospensione oltre le prime due settimane. Peraltro, le ore relative
alla festività infrasettimanale che ricorre nell'ambito di una settimana già
lavorata ad orario ridotto devono considerarsi sempre non integrabili in quanto
a carico del datore di lavoro e quindi computate, secondo i criteri seguiti
dall'Istituto ed illustrati nella Circolare n. 64183 G.S./207 del 19 ottobre
1972, fra le ore lavorate nella settimana medesima.
C.i.g. e Diritti sindacali
Durante la C.i.g. il lavoratore non perde il diritto ad esercitare i
diritti sindacali e può
anche partecipare alle relative assemblee (Cassazione civile, sez. lav., 22/12/1986, n. 7859 -
La collocazione in cassa integrazione guadagni a zero ore dei lavoratori di
un'impresa sospende soltanto le obbligazioni corrispettive della prestazione
dell'attività da parte dei lavoratori stessi e della corresponsione della retribuzione
da parte del datore di lavoro, lasciando inalterata la posizione dei lavoratori
nell'impresa, fonte di ulteriori diritti e doveri nei confronti
dell'imprenditore.
Pertanto i lavoratori sospesi non perdono
i loro diritti sindacali ed in particolare quello previsto dall'art. 20 dello
statuto dei lavoratori, ossia il diritto di riunirsi nell'unità produttiva in
cui prestavano la loro opera (salva la facoltà del datore di lavoro di porre a
disposizione altro locale idoneo).
Qualora l’assemblea si tenga durante
l’orario di lavoro, il lavoratore ha diritto alla retribuzione se, invece,
l’orario di assemblea coincide con la sospensione dell’attività lavorativa, lo
stesso avrà diritto alla C.i.g.
Il diritto alle integrazioni salariali va
riconosciuto per le giornate o le ore di sciopero effettuate nel corso di un periodo di sospensione o di
riduzione d’orario già autorizzato o che comunque sia determinato da causale
per la quale è ammesso l'intervento ordinario della cassa integrazione.
Ai lavoratori già sospesi o ad orario
ridotto, ai quali sia riconosciuto il diritto alle integrazioni salariali, per
le giornate o le ore di sciopero non vanno corrisposte le integrazioni stesse in caso
di rinuncia per adesione espressa allo sciopero; la rinuncia deve essere manifestata mediante apposita
dichiarazione da presentare al datore di lavoro (I.n.p.s. - Circolare 20 aprile 1984, n. 93).
C.i.g. e Ferie – Permessi
In riferimento al godimento delle ferie in caso di ricorso
alla C.i.g., in tempi
precedenti l’Istituto aveva chiarito, con la Circolare 1° agosto 2016, n. 139 (Parte II punto 6), con cui richiamava integralmente il
parere espresso dal Ministero del Lavoro con Interpello n. 19/2011 (cfr. I.n.p.s. – Messaggio 30 maggio 2011,
n. 9268) quanto
segue.
“In particolare, nelle ipotesi di
sospensione totale dell’attività lavorativa, ovvero nell’ipotesi di zero ore,
sono state date indicazioni interpretative in merito alla possibilità per il
datore di lavoro di fruire immediatamente di C.i.g., posticipando per ciascun lavoratore
coinvolto il godimento delle ferie annuali residue, già maturate alla data di
richiesta della C.i.g. stessa, ed inoltre in merito alla possibilità per il
datore di lavoro, autorizzato ad un periodo di C.i.g., di dover comunque
concedere ai lavoratori le due settimane di ferie contemplate dall’art. 10,
Decreto legislativo n. 66/2003, nel corso dell’anno di maturazione.
Riguardo queste due ipotesi, si precisa
che l’esercizio del diritto di godimento delle ferie, sia con riferimento alle
ferie già maturate sia riguardo a quelle infra annuali in corso di maturazione,
può essere posticipato al momento della cessazione dell’evento sospensivo
coincidente con la ripresa dell’attività produttiva.
Invece, nelle ipotesi di C.i.g.o.
parziale, il datore di lavoro non può differire la concessione delle ferie, residue
ed infra-annuali, in quanto, in tali circostanze, deve comunque essere
garantito al lavoratore il ristoro psico-fisico correlato all’attività svolta,
anche in misura ridotta.”
Nel recente Messaggio 18 ottobre 2019, n. 3777 (punto 2), l’Istituto ha specificato quanto segue. “A completamento di quanto già evidenziato
con Circ. n. 139/16 (parte seconda, punto 6), si chiarisce che in caso di
lavoratori in CIGO, sia ad
orario ridotto che a zero ore, l’eventuale presenza di ferie pregresse non è
ostativa all’eventuale accoglimento dell’istanza.
Infatti, la disciplina contrattuale delle
ferie è regolata da norme privatistiche attinenti i rapporti tra datore di
lavoro e lavoratori, che esulano dalle valutazioni di competenza dell’Istituto
volte alla verifica dell’effettiva sussistenza della causale per la quale è
stato chiesto l’intervento della CIGO.
Si evidenzia, pertanto, che in linea con i
predetti criteri definiti originariamente dal Ministero del Lavoro con
interpello n. 19/2011, non occorre chiedere all’azienda i dati sulle ferie
ancora da fruire dai lavoratori interessati dalla richiesta di integrazione
salariale e che, per tale ragione, nella domanda di CIGO non è più presente il
campo nel quale veniva fornito tale elemento informativo.”
In riferimento alla maturazione delle ferie in caso di
intervento della C.i.g.:
a zero ore
per l’intero mese: non
maturano (Cassazione
17/01/1991, n. 408: I lavoratori collocati in cassa integrazione straordinaria
a zero ore non maturano, in relazione al periodo di integrale sospensione
dell'attività lavorativa, alcun diritto alle ferie, alle quali gli artt. 36
Cost. e 2109 c.c. annettono una funzione di riposo presupponente un’attività di
servizio.);
sospensione
della prestazione a settimane: non maturano se non in misura proporzionale alla prestazione resa tra un
periodo di sospensione e l'altro, salvo che il Contratto collettivo nazionale applicato
non stabilisca la maturazione di 1/12 di ferie in presenza, nel mese, di una
prestazione lavorativa pari o superiore a 15 giorni riferita all’evento della
C.i.g.;
a orario
ridotto con prestazione lavorativa per una sola parte della settimana: matura proporzionalmente a carico del
datore di lavoro per le ore di attività effettivamente prestata (Cassazione civile, sez. lav., 01/10/1991,
n. 10205 - Il diritto al godimento delle ferie presuppone la oggettiva esigenza del recupero delle
energie psicofisiche spese nell'effettiva prestazione lavorativa, ma non è
suscettibile di riduzione proporzionale alle ore non lavorate in relazione alla
situazione di lavoratori in cassa integrazione ad orario ridotto; pertanto, per
l'attività lavorativa,
ancorché in tutto o in parte ad orario
ridotto, spetta ai lavoratori il diritto al periodo di ferie retribuite, quale
contrattualmente previsto, ed il relativo importo è proporzionalmente a carico
del datore di lavoro per le ore di attività effettivamente prestata.)
Gli eventuali Esami congiunti possono stabilire differenti criteri (Cassazione 16/12/1988, n. 6872: Il
collegamento delle ferie all'effettiva prestazione dell'attività lavorativa non
esclude che la disciplina collettiva (l'interpretazione della quale, se di
diritto comune, è riservata al giudice del merito, è censurabile in sede di
legittimità per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale e
per vizi di motivazione), possa stabilire, con esplicita disposizione, che il
diritto alle ferie maturi anche con riguardo a periodi del rapporto di lavoro
durante i quali non vi sia stata effettiva prestazione di attività
lavorativa.).
I permessi derivano delle vecchie ex festività di San Giuseppe,
Ascensione, Corpus domini e dei Santi patroni, che sono state convertite in
riduzione di orario di lavoro (R.o.l.) e quindi come corrispondenti giorni/ore
di riposo. La loro maturazione, affidata ai Contratti collettivi, avviene normalmente
con gli stessi criteri delle ferie.
Ai fini della ripercussione della C.i.g.
si avrà la stessa situazione riferita alle ferie.
C.i.g. e Mensilità supplementari
(Art. 3, co. 5, del Decreto legislativo n.
148/2015,” l'importo del trattamento…. non può superare… gli importi massimi mensili…
rapportati alle ore di integrazione salariale autorizzate e per un massimo di
dodici mensilità, comprensive dei ratei di mensilità aggiuntive”.)
I ratei possono essere integrati solo se risulta non superato
il massimale del mese
nel quale sono state corrisposte le integrazioni salariali ordinarie (I.n.p.s. - Circolare n. 50 del 21 ottobre
1982).
L'I.n.p.s. ha comunicato, attraverso la
Circolare 28 gennaio 2011, n. 13, l'algoritmo utilizzato per il calcolo della
prestazione di C.i.g. nei casi di comunicazione dei dati relativi ai periodi di
sospensione o riduzione dell'attività lavorativa tramite il flusso Uniemens. Da
tale Circolare ne deriva che, in concreto, le quote di mensilità aggiuntive vengono di rado rimborsate dall'I.n.p.s. in quanto eccedono il tetto mensile applicabile alla singola
fattispecie tenuto conto che il ragguaglio a ore del compenso ultramensile (13°
e 14° ecc.) sommato al ragguaglio a ore del trattamento corrisposto mese dopo
mese non può in ogni caso superare il massimo spettante.
Diverso è il caso della cassa integrazione a orario ridotto dove maturano due quote di tredicesima:
la prima relativa alle ore effettivamente
prestate; la seconda, alle ore non lavorate per effetto della riduzione di
orario per la quale si beneficerà della parziale integrazione salariale. Gli
eventuali Esami congiunti possono stabilire differenti criteri. Per quanto attiene alla maturazione dei R.o.l., i periodi di sospensione a zero ore o i periodi di
lavoro con riduzione d’orario non fanno maturare i permessi per riduzione di
orario di lavoro.
C.i.g. e Attività di volontariato
I compensi corrisposti dalle Prefetture competenti
per attività di volontariato promosse dalla Protezione civile non sono
cumulabili con l'importo spettante a titolo di C.i.g. (I.n.p.s. - Circolare 12
dicembre 2002, n. 179).
Per il lavoratore che si occupi in
un'attività di volontariato il compenso della Prefettura prevale su quello
dell'integrazione salariale.
C.i.g. e Aspettativa sindacale
Il lavoratore in aspettativa non
retribuita (ex art.
31 Statuto dei lavoratori) non può essere posto in C.i.g. in quanto in tali casi mancherebbe il
reddito da integrare. Tuttavia lo stesso potrà essere inserito in C.i.g. nel
momento in cui cessa il distacco sindacale.
C.i.g. e Distacco
E’ lecito il distacco avente finalità
prevalentemente economica per evitare che il lavoratore sia posto in C.i.g. Il
risparmio di tale scelta consente infatti da un lato all'impresa di
sopravvivere e, dall'altro, di conservare in forza e aggiornati i dipendenti
già formati (Ministero
del Lavoro - Circolare 24 giugno 2005, n. 28).
Per quanto attiene ai lavoratori già distaccati, con il Messaggio 18 ottobre 2019, n. 3777 (punto 5), l’Istituto ha chiarito quanto segue. “In merito alla possibilità di accedere al
trattamento C.i.g. per i lavoratori posti in distacco presso altra impresa, si
rappresenta quanto segue.
Ciò premesso, si osserva che
l’integrazione salariale viene concessa in favore dei lavoratori che prestano
servizio presso l’unità produttiva per la quale viene chiesta l’integrazione
stessa. Pertanto, se il lavoratore distaccato presta la propria attività
lavorativa non più presso l’unità produttiva per la quale l’azienda distaccante
ha presentato l’istanza di CIGO ma presso altra azienda (distaccataria), risulta
evidente che il lavoratore stesso, per tutta la durata del distacco, non può
essere ricompreso tra i beneficiari dell’integrazione salariale. A tale
conclusione deve giungersi anche considerando che, come sopra ricordato,
l’azienda distaccataria frequentemente rimborsa all’azienda distaccante, in via
pattizia, gli oneri relativi al trattamento economico del lavoratore posto in
distacco, per cui se l’integrazione salariale venisse riconosciuta anche a
quest’ultimo, l’azienda distaccante fruirebbe, per quello stesso lavoratore,
sia dell’intervento di cassa che del rimborso degli emolumenti erogati.
Anche nel diverso caso in cui
l’integrazione salariale è richiesta dall’azienda presso la quale il lavoratore
è distaccato (distaccataria), il lavoratore stesso non può essere posto in CIG.
Infatti, la Circolare n. 41/2006,
paragrafo 3.5, ha già chiarito che «in caso di distacco il datore di lavoro
(distaccante) rimane responsabile del trattamento economico e normativo a
favore del lavoratore (art. 30, comma 2): nel caso in cui l’azienda presso cui
il lavoratore è distaccato usufruisca delle integrazioni
salariali, queste ultime non gli spettano
in quanto egli rimane a tutti gli effetti dipendente dell’azienda di origine».
In coerenza con le regole sopra enunciate,
in caso di distacco parziale, il lavoratore distaccato potrà essere collocato
in cassa integrazione unicamente dalla ditta distaccante, datrice di lavoro e responsabile
del trattamento economico, ma solo per i periodi in cui viene svolta
l’ordinaria attività lavorativa presso la stessa, restando esclusi, viceversa,
i periodi in cui il lavoratore è in distacco presso altra azienda.”
C.i.g. e Malattia
L’art. 3, co. 7 del Decreto legislativo n.
148/2015 (Il
trattamento di integrazione salariale sostituisce in caso di malattia
l'indennità giornaliera di malattia, nonché la eventuale integrazione
contrattualmente prevista.) stabilisce espressamente, il principio di prevalenza della C.i.g. sulla
malattia Già nel tempo, l’argomento era stato trattato dall’Istituto ed anche
con la citata riforma è stata mantenuta la seguente interpretazione: “Inps – Circolare 197 – 2 dicembre 2015
(punto 1.8)
In considerazione delle diverse
fattispecie che in concreto possono verificarsi si ritiene di poter confermare
quanto già disciplinato in via amministrativa dall’Istituto e che di seguito si
riporta.
Se durante la sospensione dal lavoro (cassa integrazione
a 0 ore) insorge lo stato di malattia, il lavoratore continuerà ad usufruire delle integrazioni
salariali: l’attività lavorativa è infatti totalmente sospesa, non c’è obbligo
di prestazione da parte del lavoratore, che non dovrà quindi nemmeno comunicare
lo stato di malattia e continuerà a percepire le integrazioni salariali.
Qualora lo stato di malattia sia precedente l’inizio della
sospensione dell’attività lavorativa si avranno due casi:
se la
totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il
lavoratore appartiene ha sospeso l’attività, anche il lavoratore in malattia
entrerà in C.i.g. dalla data di inizio della stessa;
qualora,
invece, non venga sospesa dal lavoro la totalità del personale in forza all’ufficio,
reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene, il lavoratore in
malattia continuerà a beneficiare dell’indennità di malattia, se prevista dalla
vigente legislazione.
Se l’intervento di cassa integrazione è relativo ad una contrazione dell’attività
lavorativa, quindi
riguarda dipendenti lavoranti ad orario ridotto, prevale l’indennità economica di
malattia.”
C.i.g. ed Infortunio sul lavoro
Il lavoratore che prima dell’inizio della cassa subisca un infortunio o sia vittima di una
malattia professionale comportante un’inabilità temporanea assoluta, ovviamente
non può essere collocato in C.i.g.o. e, pertanto, allo stesso spetta il
relativo trattamento a carico dell’I.n.a.i.l. e, eventualmente, l’integrazione
a carico del datore di lavoro per il periodo contrattualmente stabilito. In
caso di infortunio
avvenuto durante la riduzione di orario per intervento della cassa integrazione, al lavoratore spetta il trattamento di
infortunio a carico dell’I.n.a.i.l. dal giorno dell’infortunio e per l’intero
periodo riconosciuto.
C.i.g. e Congedo matrimoniale
Il trattamento economico previsto per il congedo matrimoniale è più favorevole per il lavoratore per cui prevale sulla
C.i.g. con la conseguenza che, durante tale periodo, il lavoratore sospende la fruizione
della C.i.g. così come chiarito dall’Istituto con la Circolare n. 248 del 23 ottobre 1992 che ne ha dichiarato l’incumulabilità: “Per quanto concerne i trattamenti di
integrazione salariale, infatti, deve escludersene in via di principio la spettanza,
per mancanza dei presupposti che ne legittimano l'erogazione, in quanto, nel
caso della assenza per contrarre matrimonio, la causa della mancata prestazione
di lavoro è da ricondursi alla sfera decisionale del lavoratore e non ad alcuna
delle motivazioni, ricollegabili ad eventi attinenti la situazione aziendale,
che legittimano i provvedimenti di concessione dell'integrazione salariale, sia
in regime ordinario che in quello straordinario.”
C.i.g. e Maternità
Ai sensi dell’art. 54, co. 4 del Decreto
legislativo n. 151/2001, durante il periodo nel quale opera il divieto di
licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro, salvo il caso che sia sospesa l’attività dell’azienda o del
reparto cui la stessa è addetta, sempreché il reparto stesso abbia autonomia
funzionale. Per quanto riguarda il congedo di maternità, per tutti gli eventi insorti durante il godimento
del trattamento di integrazione salariale, o anche prima dell’inizio del
trattamento, l’indennità
di maternità dovuta prevale sempre rispetto all’integrazione salariale.
Essa sarà peraltro corrisposta, per quanto
previsto dall'art. 24, co. 6, del Decreto legislativo n. 151/2001 6 – (La lavoratrice che, nel caso di
congedo di maternità iniziato dopo sessanta giorni dalla data di sospensione
dal lavoro, si trovi, all'inizio del congedo stesso, sospesa e in godimento del
trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa integrazione
guadagni, ha diritto, in luogo di tale trattamento, all'indennità giornaliera
di maternità.) anche
nella circostanza in cui la lavoratrice, nel caso di congedo di maternità iniziato dopo
sessanta giorni dalla data
di sospensione dal lavoro, si trovasse, all'inizio del congedo stesso, sospesa
e in godimento del trattamento di integrazione salariale a carico della Cassa
integrazione guadagni. Come precisato dall'I.n.p.s. con le Circolari n. 625/1980 e n. 152/1990, l'indennità di maternità prevale quindi
sulla C.i.g. essendo un trattamento economico e previdenziale più favorevole.
Nessuna indennità è, invece, erogabile per
gli eventi di
maternità insorti oltre il secondo mese dalla cessazione dell'intervento ordinario di
integrazione guadagni senza che sia stata ripresa l’attività lavorativa. Per
quanto riguarda il periodo di congedo parentale (ex astensione
facoltativa) non si
pongono problemi di sovrapposizione, in quanto il diritto a tale astensione dal
lavoro e alla relativa indennità non spetta alle lavoratrici sospese, che
beneficiano invece della normale integrazione salariale.
In particolare, qualora il periodo di
congedo parentale sia chiesto durante un periodo di sospensione per cassa integrazione già in corso, non essendo i due
trattamenti cumulabili, la lavoratrice (o il lavoratore) percepirà il
trattamento di integrazione salariale.
Nel caso, invece, in cui la lavoratrice sia già in congedo parentale all’inizio
dell’intervento di integrazione salariale, la medesima potrà valutare di rientrare in
servizio e cessare quindi il godimento del congedo parentale e fruire,
conseguentemente del trattamento salariale.
Quanto sopra si ritiene applicabile anche
in relazione al c.d. Congedo COVID-19 di cui all’art. 23 del Decreto-legge 17
marzo 2020, n. 18; tuttavia, l’I.n.p.s., con Messaggio 15 aprile 2020, n. 1621, ha precisato che il genitore lavoratore
dipendente che fruisca di “un qualsiasi trattamento di integrazione salariale”, nel periodo di riduzione o sospensione
dell’attività lavorativa e voglia avvalersi della facoltà di fruire del congedo
COVID-19, può optare di fruire di quest’ultimo.
C.i.g. e Permessi per allattamento
Se la lavoratrice o il lavoratore sono in C.i.g. a zero ore, non sono integrabili i riposi giornalieri durante
il primo anno di vita del bambino.
Se c’è solo una riduzione dell’orario:
qualora le
ore di allattamento ricadono durante le ore non richieste in riduzione, spetta l’indennità
per allattamento;
qualora le
ore di allattamento ricadono durante la sospensione per cassa integrazione, le
ore di allattamento sono integrabili.
C.i.g. e Permessi Legge n. 104/1992
In caso di C.i.g. a zero ore per un mese intero non compete nessun giorno di permesso
retribuito ex Legge n. 104/1992. Qualora vi sia solo una riduzione della prestazione lavorativa, il Ministero del Lavoro, con la Risposta all’Interpello
n. 46 del 3 ottobre 2008, ha sostenuto che in pendenza di C.i.g. è necessario, al fine di evitare un
comportamento discriminatorio rispetto ad un lavoratore obbligato a prestare attività
lavorativa per tutti i giorni lavorativi del mese, un ridimensionamento
proporzionale dei giorni di permesso fruibili.
E’ da evidenziare, tuttavia, l’Istituto
con Messaggio
n. 3114 del 7 agosto 2018 (confermato anche dalla Circolare n. 45/2020), ha modificato l’algoritmo di calcolo per
il riproporzionamento dei giorni di permesso per il lavoratore che effettua
prestazione lavorativa in regime di orario a tempo parziale Alla luce
dell’attuale contesto normativo, pertanto, la formula di calcolo da applicare
ai fini del riproporzionamento dei 3 giorni di permesso mensile ai casi di part-time verticale e part-time misto
con attività lavorativa
limitata ad alcuni giorni del mese è la seguente:
orario medio settimanale teoricamente
eseguibile dal lavoratore part-time x 3 (giorni di permesso teorici) orario medio
settimanale teoricamente eseguibile a tempo pieno Il risultato numerico andrà quindi
arrotondato all’unità inferiore o a quella superiore a seconda che la frazione
sia fino allo 0,50 o superiore.
A titolo esemplificativo si riportano i
seguenti due esempi.
1) Lavoratore in part-time con orario
medio settimanale pari a 18 ore presso un’azienda che applica un orario di
lavoro medio settimanale a tempo pieno pari a 38 ore.
Applicando la formula sopra enunciata, il
calcolo sarà il seguente:
(18/38) X 3= 1,42 che arrotondato
all’unità inferiore, in quanto frazione inferiore allo 0,50, dà diritto a 1
giorno di permesso mensile.
2) Lavoratore in part-time con orario
medio settimanale pari a 22 ore presso un’azienda che applica un orario di
lavoro medio settimanale a tempo pieno pari a 40 ore.
Applicando la formula sopra enunciata il
calcolo sarà il seguente:
(22/40) X 3=1,65 che arrotondato all’unità
superiore, in quanto frazione superiore allo 0,50, dà diritto a 2 giorni di
permesso mensili.
Nel caso in cui la riduzione riguardi solo
l’orario giornaliero di lavoro (ad esempio n. 2 ore di lavoro al giorno
di CIGO), rimane il
diritto a fruire di n. 3 giorni di permesso mensile.
Si ritiene che il medesimo
riproporzionamento debba essere applicato anche in relazione ai 12 giorni aggiuntivi
di permesso Legge n. 104/1992, di cui all’art. 24 del Decreto legge 17 marzo
2020, n. 18; tale orientamento viene confermato dall’I.n.p.s. con Messaggio 15 aprile 2020, n. 1621, nella parte in cui afferma: “Le 12 giornate previste dall’articolo 24
del decreto-legge n. 18/2020 sono soggette alle regole generali dei permessi di
cui alla legge n. 104/1992. Pertanto, in caso di CIG/FIS con sospensione a zero
ore non vengono riconosciute le giornate di permesso.
In caso di CIG/FIS con riduzione di
orario, le 12 giornate possono essere fruite riproporzionando le giornate
spettanti in base alla ridotta prestazione lavorativa richiesta, secondo le
regole del part-time verticale”.
C.i.g. e Congedo straordinario per assistere
portatori di handicap grave
In base alla risposta all’Interpello n. 70 del 12 ottobre 2009, il Ministero del Lavoro specifica che il
lavoratore che, prima della messa in C.i.g. (ridotta o a zero ore) da parte
dell'azienda, abbia chiesto di fruire del congedo straordinario per gravi
motivi familiari, percepisce l'indennità relativa al congedo stesso, non è
interessato dalla sospensione dell'attività lavorativa (o dalla riduzione di orario
per C.i.g.) e pertanto non percepisce il trattamento integrativo previsto per
la C.i.g. In tal caso l'indennità per congedo deve essere parametrata sulla
retribuzione corrisposta in funzione della effettiva prestazione lavorativa. Nel
caso di presentazione della domanda di congedo durante la sospensione
dell'attività, occorre distinguere:
se la
C.i.g. è a zero ore, il congedo non può essere riconosciuto al lavoratore, che
pertanto resta in C.i.g.;
se la
sospensione dal lavoro è solo parziale, il lavoratore continua a percepire
l'integrazione salariale per le ore di C.i.g., unitamente all'indennità per il
congedo. In tale ipotesi, l'indennità relativa al congedo deve essere calcolata
con riferimento all'ultima retribuzione percepita "al netto" del
trattamento integrativo.
C.i.g. e Permessi per decesso
In caso di sospensione a zero ore si
ritiene non spettino i permessi per decesso di cui all’art. 4, co. 1, Legge n.
53/2000 per analogia con i permessi per l’assistenza a portatori di handicap
grave in quanto il lavoratore non effettua alcuna prestazione lavorativa per
cui non ha alcun obbligo lavorativo che lo vincoli.
Diverso è il caso di riduzione
dell’attività lavorativa coincidente con il periodo di integrazione salariale
in cui si ritiene sussista il diritto in questione.
C.i.g. e Donazione sangue
La donazione del sangue resa durante una
sospensione o riduzione per cassa integrazione guadagni dà comunque diritto alla
relativa indennità, che prevale, quindi, sull'integrazione salariale.
C.i.g. e Cessazione del rapporto
Con Circolare 18 ottobre 1984, n. 6645 l’I.n.p.s. ha affermato che “le autorizzazioni alle integrazioni salariali,
una volta rilasciate, attribuiscono un diritto soggettivo perfetto a favore dei lavoratori interessati,
diritto che non viene meno se nel corso del periodo autorizzato venga risolto
il rapporto di lavoro. Ciò in considerazione del fatto che la ripresa
dell'attività aziendale non è necessariamente dipendente dalla riammissione al
lavoro dei lavoratori sospesi, singolarmente considerati.
Pertanto, sempreché sia stata autorizzata
l'erogazione delle integrazioni salariali, i lavoratori sospesi hanno diritto a
beneficiare delle prestazioni sino alla data dell'eventuale risoluzione del
rapporto di lavoro.”
C.i.g. e Previdenza complementare
Generalmente la previdenza complementare
si basa su tre differenti risorse; la C.i.g. ha le seguenti generali
conseguenze:
Contributo a carico del datore di lavoro -
Contributo a carico del lavoratore: genericamente se non è dovuta retribuzione
non spetta neanche il contributo al Fondo pensione; occorre però considerare le
specifiche norme previste dal C.c.n.l. nonché eventuali accordi aziendali che,
superando le disposizioni contrattuali e di legge, possono prevedere l’obbligo
per l’azienda di integrare l’indennità di C.i.g. a carico dell’I.n.p.s.
.
C.i.g. e Cessione del quinto –
In riferimento alla cessione del quinto è
da rilevare che solitamente, il finanziamento è assicurato contro ognitipo di
rischio si possa incontrare a livello di impiego come il licenziamento, le
dimissioni, la malattia, le sospensioni, la cassa integrazione e l’aspettativa; per ognuno di questi eventi
comportanti la cessazione o sospensione della retribuzione è prevista una
apposita copertura assicurativa.
In caso di cassa integrazione è possibile
che il lavoratore si troverà ad avere a disposizione una retribuzione netta
differente rispetto all’originaria retribuzione dichiarata al momento della
concessione del prestito. In seguito alla riduzione della retribuzione il
datore di lavoro potrebbe vedersi costretto ad adeguare l’ammontare della
cessione alla nuova retribuzione netta. Ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. n.
180/1950, qualora la retribuzione gravata da trattenuta a titolo di cessione del
quinto subisca una riduzione pari o inferiore ad 1/3 del suo ammontare, il
datore di lavoro potrà continuare ad operare la trattenuta dalla retribuzione
nella misura stabilita dal cessionario. Qualora, invece, la riduzione sia
superiore ad 1/3 della retribuzione netta, la trattenuta non potrà eccedere la
misura di 1/5 della nuova retribuzione, per cui in questo caso sarà necessario
comunicare alla società finanziaria l’evento che ha determinato la riduzione
della retribuzione e chiedere la rideterminazione dell’importo della rata da
trattenere. E’
comunque sempre consigliabile verificare quanto contenuto nel piano di
finanziamento ed informare il creditore.