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giovedì 31 ottobre 2013

Ottobre 2013 - Pillole di lavoro

Licenziamento disciplinare e contributo ASpI
Ministero del Lavoro
Interpello n. 29 – Nota Prot. 37/0018463 del 23 ottobre 2013
Il contributo “di licenziamento”, finalizzato a finanziare l’assicurazione sociale per l’impiego, deve essere versato dal datore di lavoro, anche nel caso in cui il rapporto è interrotto a causa della comminazione di un licenziamento disciplinare, ossia per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo.


Infortuni indennizzabili durante la trasferta
Inail
Circolare n. 52 del 23 ottobre 2013
Salvo che non ricorra il “rischio elettivo”, tutti gli eventi occorsi a un lavoratore, inviato in missione e/o trasferta dal momento dell’inizio di questa e fino al rientro presso la propria abitazione, sono tutelati, qualora si verifichino:
- durante il tragitto dall’abitazione al luogo in cui deve essere svolta la prestazione lavorativa e viceversa;
- durante gli spostamenti effettuati per recarsi dall’albergo al luogo in cui deve essere svolta la prestazione lavorativa e viceversa;
- all’interno della stanza d’albergo in cui il lavoratore si trova a dimorare temporaneamente.


Contratti a termine trasformabili nelle società a capitale pubblico
Corte di Cassazione - Sez. lav.
Sentenza n. 23702 del 18 ottobre 2013
I contratti a termine illegittimi, stipulati da soggetti societari a capitale pubblico, possono essere trasformati in contratti a tempo indeterminato. Secondo la Suprema Corte, quando l'Ente organizza il servizio pubblico secondo un modello privatistico, deve applicare la normativa propria di tale modello e non la regola generale prevista per la pubblica amministrazione, che prevede il risarcimento danno e non la reintegrazione.


Niente trasferimento senza motivazioni concrete e dettagliate
Le ragioni tecniche, organizzative e produttive alla base del trasferimento del lavoratore devono essere descritte in maniera dettagliata, e non generica. È l’indicazione principale della giurisprudenza, nelle controversie legate allo spostamento dei lavoratori, che spesso, negli ultimi anni, si intreccia con situazioni di difficoltà economica delle aziende. Vediamo, dunque, quali sono gli orientamenti espressi recentemente dalla Cassazione, su questo tema. È illegittimo il trasferimento del lavoratore se nella sede non c’è esubero di personale. Lo precisa la Cassazione con la Sentenza n. 20913 depositata il 12 settembre scorso.
Stefano Rossi - Il Sole 24 Ore


I debiti della P.A. salvano il Durc
Durc regolare alle imprese con debiti contributivi se vantano crediti nei confronti di P.A. A tal fine i crediti devono essere certi, liquidi ed esigibili e d’importo non inferiore ai debiti contributivi in base alla certificazione rilasciata dalla P.A. debitrice. La “regolarità” così raggiunta consentirà alle imprese di poter continuare a operare, ma non limita in alcuna misura il potere sanzionatorio agli Istituti di Previdenza e alle Casse Edili, né tantomeno quello di attivare la procedura di riscossione coattiva. Lo precisa, tra l’altro, il Ministero del Lavoro nella Circolare n. 40.
Daniele Cirioli - Italia Oggi

lunedì 28 ottobre 2013

Italia: 12 banche commissariate

http://intermarketandmore.finanza.com/commissariamento-12-banche-in-italia-e-chi-paga-59143.html
E siamo a 12. Eccovi l’elenco aggiornato, già uscito su IlSole24Ore,  dei 12 istituti di credito commissariati dalla Banca d’Italia.

L’ultima arrivata è la Banca delle Marche, che si è aggiunta alle altre 7 arrivate nel corso del 2013.
Come vedete si tratta di istituti di credito medio-piccoli, dove a far saltare la baracca sono le logiche “non congrue” nella concessione del credito. Quindi  che sono poi diventate perdite, voragini insostenibili per i conti della banca stessa e quindi ecco spiegato il motivo dell’intervento di BankItalia.
Tengo a precisare che questa procedura di commissariamento viene effettuata dalla banca d’Italia proprio per tutelari in primis i clienti. Ed i colpevoli sono solo loro, amministratori spesso senza logiche, senza scrupoli e peggio ancora senza competenze, figli di raccomandazioni politiche, che elargivano credito ad amici, compagni, persone “importanti” e raccomandate che poi sono saltate come delle molle.

Ed a pagare? Proprio loro, i vecchi azionisti che ora si trovano in mano una banca che se prima valeva 100, oggi magari vale 30.
E poi i dipendenti, una categoria che una volta era considerata “privilegiata”, proprio coloro che oggi sono messi alla gogna dall’ABI perché considerati troppo pagati ed anche incompetenti. Ma cari signori dell’ABI, buttate un occhio al libro paga e rendetevi conto DOVE la concentrazione maggiore (volumetrica) degli stipendi è diretta! E soprattutto quanto guadagna CHI ha funzioni “relative” e sedie solo di rappresentanza!

Nel 2012, ha denunciato uno studio di Fiba Cisl, i massimi dirigenti bancari e assicurativi italiani hanno incassato in media stipendi 42 volte superiori a quelli degli impiegati del settore. E a qualcuno è andata persino meglio. Per Enrico Cucchiaini di Intesa Sanpaolo, il rapporto rispetto alla media Abi è stato addirittura di 108 a 1. Federico Ghizzoni diUnicredit ed Enzo Chiesa di Bpm hanno ricevuto retribuzioni superiori alla media rispettivamente di 82 e 80 volte. Per guadagnare la cifra percepita da un impiegato medio nel corso di un anno, ha ricordato ancora la Fiba, agli amministratori delegati di Intesa Sanpaolo e Generali sono sufficienti appena tre giorni di lavoro. Anche per questo lo stesso sindacato di settore ha recentemente lanciato una campagna per una proposta di legge di allineamento delle retribuzioni massime dei banchieri a quelle dei grandi manager pubblici attorno a quota seicentomila euro. (Source)

Inoltre dite che i bancari sono incompetenti? Vero, lo sono, ma siete VOI, banchieri, i veri responsabili. Carlo, un mio caro amico, mi racconta giornalmente di come ormai il bancario venga spremuto come un limone. Non importa cosa fa, cosa sappia o cosa possa imparare. Non importa “formarlo”. Non importa se può avere prospettive oppure no. L’importante è che generi guadagni. Fare commissioni! Racimolare denaro a conto basso! Finanziare imprese con rating elevatissimi a tassi elevati! Ecco il bancario perfetto!
Però nello stesso tempo bisogna razionalizzare le reti, chiudere gli sportelli in eccesso e aumentare la produttività.

E i veri responsabili, scaricheranno il barile: colpa della crisi, dei dipendenti, delle fasi lunari, dell’estinzione degli sterodattili. Di certo LORO, i vecchi dinosauri che hanno fatto saltare le banche con il perfetto “modus hoperandi” con cui i politici gestiscono il “bene comune”, non pagheranno. E in questo tipo di sport (deresponsabilizzarsi) in Italia abbiamo il primato mondiale.

Quando sono i dipendenti a salvare l’azienda

http://www.iljournal.it/2013/quando-sono-i-dipendenti-a-salvare-lazienda/521675

I Workers Buy Out sono quei lavoratori che rilevano dalla liquidazione la loro ditta e la rimettono in carreggiata: in Italia si contano già trentasei casi. Workers Buy Out: è questo il nome con cui sono stati ribattezzati i dipendenti che sono riusciti a “salvare” le loro piccole aziende, facendole letteralmente ripartire. È un fenomeno sempre più frequente nel nostro paese, tanto è vero che i casi totali sono saliti a quota trentasei, con un numero crescente di regioni coinvolte. In effetti, questi salvataggi si sono verificati soprattutto in Toscana e in Emilia Romagna, ma non sono rari nemmeno nel Lazio e in Veneto.

Inoltre, come riportato oggi dal Corriere della Sera, i settori rimessi in carreggiata sono tra i più diversi, in primis il manifatturiero e quello dei servizi. Ma come riescono questi lavoratori a salvare l’azienda in cui sono impiegati? Il momento in cui viene dichiarato il fallimento è anche quello in cui i dipendenti si riuniscono in una sorta di società cooperativa. La ditta viene dunque rilevata dalla liquidazione grazie al Trattamento di Fine Rapporto (Tfr) e alle indennità.
Quando questi soldi non bastano, poi, si può sempre fare affidamento su un fondo mutualistico, Coopfond, il quale presta delle somme fino a un massimo di 800mila euro. Ma non si tratta dell’unica soluzione possibile, in quanto è possibile anche attivare un pool di banche per vigilare sull’azienda. È a questo punto che i lavoratori scelgono tra loro i dirigenti che condurranno la società e nella maggior parte dei casi si cambia il nome. Quali sono gli esempi di maggior successo?
L’elenco comprende le Fonderie Zen di Padova, Ri-Maflow, la Ottima di Scandiano (ceramiche) e la Maflow di Trezzano sul Naviglio: esiste anche un sito web (www.ilbureau.com) che contiene il dettaglio di ogni situazione. Il futuro aziendale non è assicurato al 100%, comunque l’impegno e la serietà ci sono tutti. Tra l’altro, si parte sempre con molto realismo, se non esistono le condizioni per il salvataggio non si avvia nulla.

Link:
http://ilbureau.com/

Linkedin: le 100 aziende dove tutti vorrebbero lavorare (2 italiane)

http://www.eventreport.it/stories/mercato/91765_linkedin_le_100_aziende_dove_tutti_vorrebbero_lavorare_2_italiane_in_classifica/#!

Sono principalmente 2 i fattori che determinano la “desiderabilità” di un’azienda come posto di lavoro: l’employer branding e la reputazione di brand. Sono strettamente interconnessi: l’employer branding è l’insieme delle attività che l’azienda intraprende per promuovere se stessa come datore di lavoro, per esempio comunicando le proprie politiche in tema di risorse umane, gestione dei talenti, opportunità di carriera offerte e benefit strategici per i dipendenti, ma anche di qualità dell’ambiente di lavoro, organizzazione e rapporti con e fra il management. La reputazione che l’azienda si costruisce sul mercato del lavoro è strettamente collegata alla reputazione che ha sul mercato in generale: mission, qualità dei prodotti, universo valoriale di riferimento, politiche di responsabilità sociale, attenzione all’ambiente.

È dalla somma di questri due fattori che scaturisce la classifica elaborata da LinkedIn sulle 100 aziende più ambite come posti di lavoro dagli utenti del social in tutto il mondo: quanto più alti sono i valori reputazionali di un brand, tanto più desiderabile questo risulterà come datore di lavoro agli occhi dei professionisti.

Il ranking 2013, stilato analizzando 25 miliardi di interazioni fra i 238 milioni di utenti LinkedIn e le aziende, conferma che anche quest’anno l’azienda più ambita del mondo è Google, che non solo gode di ottima reputazione sul mercato dei consumatori, ma è anche nota per le proprie politiche innovative nei confronti dei dipendenti. Al secondo posto Apple, seguita da Unilever, Procter & Gamble e Microsoft. Nell seconda parte della top ten figurano Facebook, Amazon, PepsiCo, Shell e la società di consulenza McKinsey & Company. Solo due le aziende italiane in classifica: Saipem, al 95° posto, ed Eni, che chiude il ranking collocandosi in 100° posizione.

Rispetto all’anno scorso, quando LinkedIn ha elaborato la classifica per la prima volta, si rileva che fra le “aziende dei sogni” sono aumentate quelle non Usa – il 40% (di cui il 35% europee), contro il 30% del 2012 – e che i brand tecnologici sono predominanti nella parte alta del ranking, anche se non a livello generale: nell’intera classifica, infatti, i settori più rappresentati sono i prodotti per la grande distribuzione, le aziende petrolifere ed energetiche e, solo al 3° posto, quelle tecnologiche. Le top 100 sono per quasi la metà (47%) aziende che hanno fino a 50mila dipendenti; il 30% ha fino a 10mila dipendenti e la quota minoritaria (23%) è composta da giganti che contano più di 50% dipendenti.

Infine, le classifiche per dimensione aziendale: le 5 aziende più grandi sono IBM (con 400mila dipendenti), Hewlett Packard, Accenture, Deloitte e General Electric; le 5 aziende più piccole, invece, Spotify (con solo 2mila dipendenti), Tesla Motors, Razorfish, Netflix e Virgin Atlantica Airways.

Elenco completo:
http://www.linkedin.com/indemand?trk=corpblog_1013_jamesraybould_indemand

INPS: nessun incentivo per i lavoratori della "piccola mobilità"

http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fCircolari%2fCircolare%20numero%20150%20del%2025-10-2013.htm

Come è noto, per il 2013 non sono state prorogate le norme che prevedono l'iscrizione nelle liste di mobilità dei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo né gli incentivi inerenti al loro reimpiego (cosiddetta piccola mobilità).
Con la circolare 13/2013 l’Istituto ha chiarito che non è possibile riconoscere le agevolazioni per le assunzioni, effettuate nel 2013, di lavoratori licenziati nel 2013, riservandosi di fornire indicazioni sulle altre fattispecie.
A seguito dei chiarimenti forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali si scioglie parzialmente la riserva formulata e si precisa quanto segue:
  1. non è possibile riconoscere le agevolazioni per le assunzioni, effettuate nel 2013, di lavoratori licenziati prima del 2013;
  2. non è possibile riconoscere  le agevolazioni per le proroghe e le trasformazioni a tempo indeterminato, effettuate nel 2013, di rapporti agevolati instaurati prima del 2013;
  3. in via cautelare deve ritenersi anticipata al 31.12.2012 la scadenza dei benefici connessi a rapporti agevolati, instaurati prima del 2013 con lavoratori iscritti nelle liste di mobilità a seguito di licenziamento individuale.
Per le assunzioni, le proroghe e le trasformazioni effettuate nel 2013, riguardanti lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo, potrà essere fruito l’incentivo previsto dal decreto direttoriale del Ministero del Lavoro 264/2013 del 19 aprile 2013, come modificato dal decreto direttoriale 390/2013 del 3 giugno 2013 (bonus di 190 euro). Le condizioni specifiche e le modalità di fruizione di tale beneficio verranno illustrate con circolare di prossima pubblicazione.
 
Assunzioni in apprendistato, ai sensi dell’ articolo  7, co. 4, d.l.vo 167/2011.
 
La mancata proroga delle norme concernenti la cosiddetta piccola mobilità incide anche sulla disciplina dei rapporti istaurati, ex art. 7, co. 4, d.l.vo 167/2011, con apprendisti precedentemente licenziati per giustificato motivo oggettivo ed iscritti nelle liste di mobilità ai sensi dell'articolo  4, comma 1, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236  e successive modifiche ed integrazioni.
Al riguardo,  saranno forniti i criteri per individuare la disciplina contributiva applicabile dopo  i necessari chiarimenti del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

  Il Direttore Generale  
  Nori  
 

venerdì 25 ottobre 2013

Dipendenti Camera, richiesti 1.000 € per le ex-festività

http://www.fanpage.it/pagamento-ex-festivita-casta-camera-politici-mille-euro/

I racconti sui privilegi della casta sembrano non avere fine nel Belpaese. La nuova storia è raccontata oggi da Lia Quilici su L'Espresso. In un periodo in cui si scende in piazza contro l'austerity e i tagli, in cui sindacati storcono il naso e minacciano lo sciopero contro la legge di stabilità e i lavoratori abbozzano un sorriso di fronte ai 14 euro lordi in più in busta paga. Le stanze di Montecitorio sono animate da tutt'altro problema: quello del pagamento delle ex festività che dopo la soppressione sono andate a confluire insieme ai Rol nei permessi retribuiti. San Giuseppe (19 marzo), Ascensione (40 giorni dopo Pasqua), Corpus Domini (seconda domenica dopo Pentecoste), SS Pietro e Paolo (29 giugno), sono i giorni di festività soppresse di cui i dipendenti della Camera dei Deputati (dagli uscieri ai politici) non hanno goduto negli anni passati. Più o meno si tratta di 1.000 a testa, somma che moltiplicata per i 1.500 ‘lavoratori' di Montecitorio costerebbe ai contribuenti 1,5 milioni di euro l’anno. Non è tutto, però.
“I dipendenti del Palazzo possono contare anche su un monte ore, determinato dagli straordinari (non retribuiti per contratto), che può essere sfruttato anche per giornate intere di relax a casa”,scrive ancora L'Espresso. Conti alla mano, grazie ai meccanismi di anzianità, c’è chi si ritrova con 50 giorni di ferie e 100 ore da recuperare (cioè, altri 12 giorni a casa) e i mille euro delle festività soppresse. Privilegi finiti? Neanche per sogno. Come se non bastasse, il “Pacchetto Palazzo” – come lo definisce la Quilici – prevede che si possa andare in pensione prima, in virtù del calcolo dei giorni di ferie non goduti (talvolta anche 6-8 mesi prima). Peraltro, secondo quanto scrive sempre L'Espresso,l’Ufficio di Presidenza della Camera (organo politico presieduto dal presidente della Camera) avrebbe provato a obbligare i dipendenti a consumare le festività soppresse, ma l’iniziativa si è rivelata fallimentare a causa dell’accumulo degli stessi giorni accumulati dall'anno precedente. Ora adesso l’Amministrazione sta cercando di approvare un’ulteriore proroga per ritardare il pagamento delle festività, ricorrendo a cavilli interpretativi. L'obiettivo è  risparmiare un milione e mezzo di euro, ma soltanto fino al marzo 2014.

giovedì 24 ottobre 2013

Cassazione: Responsabilità penale per omessa esibizione della documentazione

http://www.iosrlcultura.com/primo-piano/notizie-in-tempo-reale/responsabilit224-penale-per-omessa-esibizione-della-documentazione-14194

Corte di Cassazione - sez. III pen. Sentenza n. 42334 del 15 ottobre 2013 La mancata esibizione della documentazione, legalmente richiesta dalla Direzione territoriale del lavoro, che consenta la vigilanza sull’osservanza della normativa in materia di lavoro, di assicurazioni sociali, di prevenzione e igiene del lavoro. concretizza una responsabilità penale perseguibile con l'arresto o l'ammenda, come stabilito dall’art. 4 della Legge 22 luglio 1961, n. 628.

Cassazione: accertamento al dipendente per ritenute non versate dal datore di lavoro

http://www.iosrlcultura.com/primo-piano/notizie-in-tempo-reale/regime-di-solidariet224-negli-appalti-ancora-chiarimenti-14197

Corte di Cassazione
Sentenza n. 23121 dell’11 ottobre 2013
È legittimo l’accertamento nei confronti del dipendente per le ritenute non versate dal datore di lavoro. Non solo. Il Fisco può emettere accertamento direttamente a carico del lavoratore ancor prima di rivolgersi all’azienda. Il dipendente a sua volta potrà agire in via di regresso contro il datore di lavoro.

Evasione Iva per crisi: assolto

http://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/lombardia/2013/notizia/milano-imprenditore-evade-180mila-euro-di-iva-a-causa-della-crisi-assolto_2005364.shtml

11:03
- Un imprenditore milanese, accusato di aver evaso l'Iva per 180mila euro, è stato assolto dal gup di Milano Carlo De Marchi. Il magistrato ha accolto la tesi della difesa, secondo la quale l'imputato "non ha versato l'imposta a causa della difficile situazione economica dell'impresa". L'uomo, titolare di un'azienda informatica, è stato così prosciolto perché "il fatto non costituisce reato", in quanto mancava la "volontà di omettere il versamento".

Prima condannato - L'imprenditore, assistito dagli avvocati Luigi Giuliano Martino e Marco Petrone, era stato in un primo tempo condannato con decreto penale a 6 mesi di reclusione convertiti in una multa di oltre 40mila euro, dopo che era stata accertata la violazione, segnalata dall'Agenzia delle Entrate.
Poi assolto - I suoi difensori, però, si sono opposti al decreto di condanna e hanno chiesto il processo con rito abbreviato per l'uomo. Il gup ha assolto l'imputato perché non ha ravvisato "l'elemento soggettivo del reato, vale a dire la volontà di omettere il versamento". La condotta dell'imprenditore "pur rendendolo inadempiente, non poteva aver rilevanza dal punto di vista penale".

mercoledì 23 ottobre 2013

INAIL: morte sul lavoro e rimborso do po 60 anni

http://www.fanpage.it/muore-sul-lavoro-il-rimborso-dell-inail-arriva-dopo-60-anni-444-euro/

Muore sul lavoro, il rimborso dell'Inail arriva dopo 60 anni: 444 euro

Severino Busacchini morì nell’acciaieria dove lavorava il 30 marzo 1954. Oggi l'Inail ha rimborso i suoi eredi con 444,76 euro, senza tener conto dell‘inflazione: 60 anni fa, quella cifra corrispondeva a oltre venti mensilità.

“Gentili signori si è preso atto che l’assicurato indicato in oggetto, è deceduto”. Di solito cominciano così le lettere raccomandata con cui l'istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro informa gli eredi del malcapitato sulle modalità di pagamento del conguaglio a loro dovute. Ebbene nei giorni scorsi la signora Annalisa Lonati di Nave si è vista recapitare un rimborso da parte dell’Inail proprio per una “morte bianca”. Eppure, la donna deve aver avuto qualche momento di confusione quando ha letto quelle righe. Perché proprio a me? Avrà pensato. Poi quando ha letto il nome di Severino Busacchini,ha capito sicuramente. La tragedia, infatti, avvenne il 30 marzo 1954. Oggi l'Inps ha deciso di saldare il conto.  444,76 euro di rimborso su cui pesano sicuramente quei quasi 60 anni di ritardo e l'inflazione: nel 1954 infatti la cifra corrispondeva a oltre 1 anno e mezzo di stipendio. Almeno 20 mensilità dunque, erogate solo oggi come conguaglio di una “prestazione economica – recita l’oggetto – maturata prima del decesso”.
La storia è raccontata sul Corriere della Sera dalla signora Lonati, che per poter incassare l’assegno dovrà inoltre fornire una serie di documenti che comprovino il grado di parentela con Busacchini: “Quasi certamente quella pratica sarà rimasta sepolta in qualche cassetto – commenta al telefono la signora Annalisa -. Ma mi chiedo come mai decidere di portarla a termine dopo 60 anni. Sarebbe stato forse più dignitoso per tutti cestinarla”. Ma 60 anni quei soldi sarebbero serviti eccome alla vedova del signor Severino, “rimasta sola dopo soli tre mesi di matrimonio – spiega Annalisa – visto che si era sposata prima del Natale 1953 ed il 30 marzo suo marito è morto in fabbrica, a trent’anni”.

giovedì 17 ottobre 2013

DURC irregolare e obbligo di regolarizzazione

Gli enti previdenziali prima di dichiarare l’irregolarità contributiva ai fini del Durc, hanno l’obbligo di invitare le imprese a regolarizzare la propria posizione entro 15 giorni, così come stabilito dal DM 24/10/2007. Infatti l’invito alla regolarizzazione è un atto dovuto per la correttezza del procedimento amministrativo e la successiva legittimità del certificato emesso.

Fonti normative:
-         DM 24/10/2007:
Art 7 c. 3. In mancanza dei requisiti di cui all’articolo 5 gli Istituti, le Casse edili e gli Enti bilaterali, prima dell’emissione del DURC o dell’annullamento del documento già rilasciato ai sensi dell’articolo 3, invitano l’interessato a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a 15 giorni.
-         Nota INAIL n° 3760 del 14/06/2012.

IRAP: professionista con dipendente part-time

Corte di Cassazione Sentenza n. 22020 del 25 settembre 2013
Secondo la Suprema Corte vi sono casi in cui la disponibilità di un dipendente (occupato per esempio a part time, come nel caso di specie) non accresce la capacità produttiva del professionista, non costituendo un fattore "impersonale e aggiuntivo" alla produttività del contribuente. Inoltre la Corte ritiene che sottoporre a tassazione aggiuntiva il professionista che assume un dipendente anche quando quest’ultimo non determini un qualche significativo aumento del reddito, e quindi manchi il presupposto giuridico dell’Irap, rappresenta una sorta di “sanzione che scoraggerebbe l'assunzione di dipendenti».

INAIL: Riattivazione codice ditta

http://www.dplmodena.it/16-10-13INAILIscrizTelem.html

L'Inail, con la nota n. 6262 del 14 ottobre 2013, comunica le modalità previste dall'Istituto per le iscrizioni con "riattivazione" del codice ditta.
Al fine di mantenere l'unicità della situazione contributiva e contabile, nel caso in cui un soggetto identificato da un determinato codice fiscale cessi l’attività e successivamente inizi nuovamente un’attività soggetta all’obbligo assicurativo, l'Istituto mantiene fermo il codice ditta già assegnato in precedenza, procedendo alla "riattivazione" dello stesso, con istituzione di una nuova posizione assicurativa territoriale per ogni singola sede di lavoro indicata nella denuncia di esercizio.

Ottobre 2013: Pillole di lavoro

In materia di licenziamento, la Corte di Cassazione ha chiarito che non è passibile di sanzione espulsiva il dipendente che si è appropriato illecitamente del rimborso spese del collega se poi ha tentato di riparare il danno, offrendo in restituzione la somma indebitamente percepita.
Nello specifico la Suprema Corte, con la Sentenza n. 22321 del 30 settembre 2013, ha statuito che per intimare il licenziamento risulta necessario valutare l'intensità dell'elemento intenzionale, il grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal lavoratore, nonché l'assenza di precedenti disciplinari nei suoi confronti. Pertanto, il ricorso dell'interessato viene accolto, con rinvio del procedimento alla Corte d'appello per il riesame del merito della vicenda.


Alla luce delle novità introdotte dal Decreto "Lavoro" (DL n. 76/2013 convertito nella Legge n. 99/2013) in tema di pause obbligatorie tra un contratto a termine e l'altro, il Ministero del Lavoro, con la Nota n. 5426 del 4 ottobre 2013, è intervenuto per fornire alcuni chiarimenti circa la loro corretta applicazione.
In particolare, riguardo gli accordi conclusi dalla contrattazione collettiva per la riduzione degli intervalli temporali fra due contratti a termine (20 giorni in caso di contratto di durata fino a 6 mesi e 30 giorni in caso di contratto superiore a 6 mesi) in base al quadro normativo previgente (Legge n. 92/2012), gli stessi sono da considerarsi superati dal recente intervento del Legislatore, che ha stabilito termini di intervallo inferiori ai precedenti (pari rispettivamente a 10 e 20 giorni).
 

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n° 41162 pubblicata il 07/10/2013 ha assolto dal reato di truffa l’imprenditore che, pur avendo indicato falsamente in busta paga degli importi a titolo di indennità di malatti e assegni familiari, non ha proceduto a versarli alla dipendente né li ha posti a conguaglio con quanto doveva versare all’INPS.
La Suprema corte ha ritenuto che l’azione del datore di lavoro costituisca senz’altro inadempimento contrattuale verso il lavoratore, ma non sia assimilabile al reato di truffa o appropriazione indebita: il datore, infatti, pur non corrispondendo al dipendente una somma di denaro dovuta, in nessun modo si appropria indebitamente di beni del dipendente, in quanto non porta a conguaglio tali somme facendo figurare di averle erogate al lavoratore.


Infortunio sul lavoro.
In materia di infortunio sul lavoro, la Corte di Cassazione ha chiarito che deve essere considerato illegittimo il provvedimento di licenziamento per scadenza del periodo di comporto, qualora lo stesso sia legato ad un infortunio sul lavoro riconosciuto al dipendente.
Nello specifico la Suprema Corte, con la Sentenza n° 22606 del 03/10/2013, ha precisato che ai fini del licenziamento non ha alcun rilievo che il datore di lavoro non risulti associato alle associazioni firmatarie del contratto collettivo di riferimento, a maggior ragione se nel provvedimento espulsivo viene fatto riferimento alla norma collettiva.

mercoledì 16 ottobre 2013

FMI: proposta prelievo forzoso sui c/c

http://www.affaritaliani.it/economia/fmi-prelievo-forzoso161013.html
Una ragione in più per evitare che la Troika arrivi in Italia. Il Fondo monetario internazionale riserva una simpatica sorpresa. A pagina 49 del Fiscal report di ottobre, ipotizza una soluzione anti debito pubblico: un prelievo forzoso del 10%. Avete 1000 euro sul vostro conto corrente? Il giorno dopo potreste averne 100 in meno. Un'azione che farebbe impallidire quel 6 per mille prelevato dal governo Amato nel 1992
Per confermare che non si tratta di una battuta, il documento firmato da Christine Lagarde sostiene la tesi con riferimenti storici. "Vi è una sorprendentemente grande quantità di casi", afferma l'Fmi. Il prelievo forzoso è stato "ampiamento utilizzato in Europa dopo la prima guerra mondiale, in Germania e Giappone alla fine della secoda". Certo, la crisi è profonda, ma forse sfugge all'Fmi che Berlino e Tokyo erano uscite un tantino malconce dal conflitto. Come mai il Fondo non pensa alle conseguenze recessive? "Gli effetti della riduzione - si legge - sono comunque minori rispetto a quelli che avrebbe la perdita di credibilità risultante dalla mancata riduzione del reddito".    
In altre parole: il prelievo forzoso non fa certo gioire, ma avrebbe conseguenze più contenute rispetto a una cavalcata del debito pubblico. O, peggio, rispetto a politiche inflazionistiche che consentano di ridurlo. Chissà cosa ne pensano i cittadini ciprioti. Nell'isola, in alcuni casi il prelievo forzoso ha toccato il 50%. Bastò la prospettiva (allora improbabile) di un ampliamento del provvedimento ad altri Paesi Ue per diffondere il panico sui mercati. Un pasticcio dal quale l'Fmi non sembra aver imparato nulla. Se la Troika (di cui l'istituto di Mrs Lagarde fa parte) dovesse piombare in Italia, il panico tornerebbe. Perché portare in dote il prelievo forzoso non è certo un regalo degno di un ospite gradito. La prima conseguenza (oltre alle mani nei conti correnti) sarebbe una fuga di capitale all'estero.



http://www.investireoggi.it/economia/fmi-shock-prelievo-forzoso-del-10-sui-conti-correnti-per-uscire-dalla-crisi/

Crisi Euro e conseguenze del prelievo forzoso

L’espediente di prelevare i soldi dai conti in banca dei risparmiatori, invece, sarebbe un shock iniziale, ma potrebbe contribuire con maggiore efficienza e celerità a risolvere il problema del debito pubblico nell’Area Euro. Se non fosse che una siffatta misura porterebbe al collasso dei sistemi bancari di quei paesi. Reggerebbero mai le banche prese d’assalto dai piccoli, medi e grandi risparmiatori, che sposterebbero altrove i loro depositi, privandole del bene fondamentale su cui si regge il loro business? La fuga dei capitali sarebbe inevitabile, immediata e di proporzioni gigantesche, innescando un meccanismo di fortissimo rialzo dei tassi, che distruggerebbe l’economia nel breve termine e farebbe aumentare il costo di rifinanziamento del debito pubblico stesso, ricreando in pochi anni la stessa montagna di passività oggi esistenti nei bilanci statali. E magari ci ritroveremmo a parlare dopo pochi giorni su come intervenire per salvare nuovamente le banche al collasso, sborsando diverse centinaia di miliardi di euro, ossia re-indebitando il settore pubblico. Una misura sostanzialmente demenziale.
La credibilità dei governi sarebbe annullata nel giro di poche ore e il caos politico sarebbe lo scenario certo per quasi tutti i paesi dell’Area Euro, con una destabilizzazione dalle conseguenze catastrofiche. Abbiamo ricordato il caso tedesco post-Grande Guerra. Non dimentichiamoci che l’esito di quei provvedimenti fu l’ascesa per via democratica (non per un colpo di stato) del nazismo di Adolf Hitler.
Insomma, la proposta dell’FMI, per quanto potrebbe avere un fondamento logico, perché risolverebbe in modo radicale un problema che rischiamo di trascinarci per i decenni futuri, sarebbe impraticabile nella realtà. Ci chiediamo, semmai, come mai lo stesso FMI, “solerte” nel segnalare i problemi dell’Eurozona, non faccia altrettanto con l’America di Barack Obama, il cui debito pubblico in questi giorni oltrepasserà la soglia del 100% e si prevede che arriverà al 112% entro il 2016. Come mai, una proposta così scioccante non viene rivolta anche per gli USA, che a differenza dell’Europa non godono nemmeno di risparmi privati in grado di finanziare il debito pubblico federale, tanto che questi è detenuto in grossa parte nelle mani di fondi sovrani stranieri?

martedì 8 ottobre 2013

Cassazione: sentenza licenziamento appopriazione indebita

In materia di licenziamento, la Corte di Cassazione ha chiarito che non è passibile di sanzione espulsiva il dipendente che si è appropriato illecitamente del rimborso spese del collega se poi ha tentato di riparare il danno, offrendo in restituzione la somma indebitamente percepita.

Nello specifico la Suprema Corte, con la Sentenza n. 22321 del 30 settembre 2013, ha statuito che per intimare il licenziamento risulta necessario valutare l'intensità dell'elemento intenzionale, il grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal lavoratore, nonché l'assenza di precedenti disciplinari nei suoi confronti. Pertanto, il ricorso dell'interessato viene accolto, con rinvio del procedimento alla Corte d'appello per il riesame del merito della vicenda.

Ordini esclusi dal codice appalti (sentenza corte di giustizia n° 526)


Con la sentenza del 12 settembre scorso, la Corte di Giustizia della Comunità Europea ha dichiarato che gli Ordini professionali, e di conseguenza anche gli organismi finanziati dagli stessi, non sono soggetti alle procedure del codice degli appalti pubblici, in quanto si finanziano in modo maggioritario con i contributi versati dai loro membri, il cui importo viene approvato da un'autorità di controllo.