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giovedì 17 ottobre 2013

Ottobre 2013: Pillole di lavoro

In materia di licenziamento, la Corte di Cassazione ha chiarito che non è passibile di sanzione espulsiva il dipendente che si è appropriato illecitamente del rimborso spese del collega se poi ha tentato di riparare il danno, offrendo in restituzione la somma indebitamente percepita.
Nello specifico la Suprema Corte, con la Sentenza n. 22321 del 30 settembre 2013, ha statuito che per intimare il licenziamento risulta necessario valutare l'intensità dell'elemento intenzionale, il grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal lavoratore, nonché l'assenza di precedenti disciplinari nei suoi confronti. Pertanto, il ricorso dell'interessato viene accolto, con rinvio del procedimento alla Corte d'appello per il riesame del merito della vicenda.


Alla luce delle novità introdotte dal Decreto "Lavoro" (DL n. 76/2013 convertito nella Legge n. 99/2013) in tema di pause obbligatorie tra un contratto a termine e l'altro, il Ministero del Lavoro, con la Nota n. 5426 del 4 ottobre 2013, è intervenuto per fornire alcuni chiarimenti circa la loro corretta applicazione.
In particolare, riguardo gli accordi conclusi dalla contrattazione collettiva per la riduzione degli intervalli temporali fra due contratti a termine (20 giorni in caso di contratto di durata fino a 6 mesi e 30 giorni in caso di contratto superiore a 6 mesi) in base al quadro normativo previgente (Legge n. 92/2012), gli stessi sono da considerarsi superati dal recente intervento del Legislatore, che ha stabilito termini di intervallo inferiori ai precedenti (pari rispettivamente a 10 e 20 giorni).
 

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n° 41162 pubblicata il 07/10/2013 ha assolto dal reato di truffa l’imprenditore che, pur avendo indicato falsamente in busta paga degli importi a titolo di indennità di malatti e assegni familiari, non ha proceduto a versarli alla dipendente né li ha posti a conguaglio con quanto doveva versare all’INPS.
La Suprema corte ha ritenuto che l’azione del datore di lavoro costituisca senz’altro inadempimento contrattuale verso il lavoratore, ma non sia assimilabile al reato di truffa o appropriazione indebita: il datore, infatti, pur non corrispondendo al dipendente una somma di denaro dovuta, in nessun modo si appropria indebitamente di beni del dipendente, in quanto non porta a conguaglio tali somme facendo figurare di averle erogate al lavoratore.


Infortunio sul lavoro.
In materia di infortunio sul lavoro, la Corte di Cassazione ha chiarito che deve essere considerato illegittimo il provvedimento di licenziamento per scadenza del periodo di comporto, qualora lo stesso sia legato ad un infortunio sul lavoro riconosciuto al dipendente.
Nello specifico la Suprema Corte, con la Sentenza n° 22606 del 03/10/2013, ha precisato che ai fini del licenziamento non ha alcun rilievo che il datore di lavoro non risulti associato alle associazioni firmatarie del contratto collettivo di riferimento, a maggior ragione se nel provvedimento espulsivo viene fatto riferimento alla norma collettiva.

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